Forse tutto quello che io conosco dell’alabama si riduce alle immagini evocate da questa vecchia canzone: banjos suonano attraverso i vetri rotti; e il klan, e altre tristi canzoni che descrivono uno strano frutto annerito pendere da un albero;
dunque da oggi l’alabama è il diciassettesimo stato dell’unione a dotarsi di una legge che proibisce l’aborto anche in caso di stupro e in caso di incesto; è così tanto bello e sacro amare i bambini nella pancia degli altri, quale che ne sia la condizione? e poterlo fare sfregiando gratis le madri in questo modo?
stamattina io sono venuto a sapere che le milizie curde che hanno sconfitto l’isis hanno nei loro villaggi da mesi alcune migliaia di prigionieri: moltissimi tra questi sono foreign fighters cittadini europei e di conseguenza è stata avanzata alle rispettive madrepatrie la richiesta di prendersi in carico i propri cittadini detenuti laggiù e giudicarli: bene, solo la gran bretagna e la russia hanno risposto, commissionando sia l’una che l’altra cinque bambini nati da quella allucinazione: ma solo bambini, e solo cinque per ciascuna ‘patria’; non i padri guerrieri di un dio insensato, non le madri schiavizzate al loro servizio; solo i bambini, fino a cinque;
credo che sia ragionevole, soprattutto da parte dei maschi, farsi un’ idea e una disposizione dialogica onesta sull’aborto, improntate alla comprensione e al pudore; l’indirizzo normativo espresso dalla riforma legislativa in alabama e dunque vigente in un terzo degli states ha il triste pregio di mettere la cosa (la donna) a nudo:
proibire l’aborto anche in caso di incesto o di stupro è come innalzare una croce sul golgota per godere della sua pubblica vista; sacralizzare la gravidanza quale che ne sia la costrittività e la condizione e sputarci sopra ogni volta che si afferma di venerarla; significa imporre per legge a una donna di avere schifo di se stessa per tutti i giorni della propria vita; imporle di percepire il proprio corpo come la gabbia di una prigione e di odiare con ogni singolo respiro la povera anima che vi deve restare prigioniera, con fine pena mai;
in nome di quale dio o di quale morale si può giungere a una simile sopraffazione? c’è in realtà un dio: è la presunzione di onnipotenza di una maschilità sbandata, impaurita dalla femminilità e ormai totalmente fuori controllo nella sua presa predatoria sulla vita: la vita;
la proibizione di abortire è lo specchio dell’imposizione di abortire: è lo stesso medesimo delitto, commissionato alla donna perchè sia il sicario di se stessa; è grave in senso primordiale: esso affonda il suo artiglio in “sas intragnas”, e fatto ope legis ha la potenza di un linciaggio; preserva una strana memoria, l’alabama;