Alessandro Barbero: “L’insegnamento è il più frustrante dei mestieri moderni”.
“L’insegnamento è il più frustrante dei mestieri moderni”.
Lo storico, accademico e scrittore italiano Alessandro Barbero a OggiScuola.
Gli insegnanti oggi sono una vera e propria categoria “sotto attacco”, da cosa crede che dipenda questo radicale cambiamento nei confronti di una classe che fino a dieci anni fa, era stimata e rispettata?
Intanto, io direi non dieci, ma venti o venticinque anni fa: l’aggressione è cominciata allora.
Le cause sono: a livello immediato, la svolta a destra della politica italiana.
Questo ha comportato l’antipatia evidente di molti governi nei confronti di un mondo, quello degli insegnanti, tradizionalmente considerato di sinistra.
Ma più in profondità, e in modo più insidioso, la svolta a destra dell’intero mondo occidentale, l’ideologia unica del profitto, l’esaltazione dell’imprenditoria come sale della terra.
Ne risulta una classe dirigente che non capisce letteralmente più a che cosa servano la cultura, l’insegnamento, lo spirito critico. Quando lo capisce, li considera dei pericoli da neutralizzare.
La recente introduzione dell’alternanza scuola-lavoro è un passo importante nella distruzione del diritto allo studio per cui generazioni hanno combattuto: passare l’intera infanzia e adolescenza a scuola, senza essere obbligati a lavorare, non è più un diritto né un ideale, ma viene presentato come un lusso o una perdita di tempo, che allontana dal cosiddetto mondo reale.
La scuola non deve produrre teste pensanti, ma esecutori, tecnici: è solo in questi termini che la classe dirigente riesce a concepirla.
L’insegnamento oggi, sia in ambito scolastico che universitario, significa doversi costantemente aggiornare.
Crede che sia più complesso essere al passo con i tempi nella scuola o negli atenei?
E’ certamente molto più complesso nella scuola.
La scuola è stata aggredita molto prima dalla nuova cultura della pianificazione, dell’offerta formativa, delle sigle ridicole, della burocrazia kafkiana e della perdita di tempo istituzionalizzata; l’università sta subendo questa aggressione solo adesso (senza, peraltro, aver imparato niente da quello che è successo alla scuola).
Ma all’università c’è comunque una maggiore autonomia del docente, che se ha già fatto carriera, o se rinuncia a farla, può difendersi meglio dall’immensa mole di perdite di tempo e frustrazioni che schiaccia gli insegnanti.
Burnout. Come crede che si debba intervenire?
Io non ho nessuna idea su come si possa fare per combattere il fenomeno del burnout.
O meglio, so benissimo che verrebbe ridotto drasticamente se gli insegnanti fossero assunti regolarmente, pagati bene e lasciati lavorare in pace.
Siccome queste appaiono oggi condizioni da favola, del tutto irrealizzabili, e fare l’insegnamento non è più soltanto uno dei lavori più faticosi del mondo, come è sempre stato, ma anche uno dei più frustranti (cosa che non era fino a vent’anni fa) il dilagare del burnout è inevitabile. Prenderne atto sarebbe già molto.