La scuola dei Podestà – di Daniela Pia
Da bambina sentivo parlare della magnificenza della mensa dei signori del mio paese:
il proprietario terriero, il medico, l’ostetrica, il farmacista, il brigadiere e persino il maestro; da loro sulla tavola delle feste c’era sempre qualche coniglio, un agnello, ricotta, dolci e pane che giungevano come dono.
Così accadeva. La mensa dei meno abbienti si spogliava per ingraziarsi la benevolenza dei “maggiorenti”.
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Ero una bambina e, nelle conversazioni assorbite nelle sere d’ estate, registravo un fastidio, una feroce ribellione che non sapevo spiegarmi. Una inquietudine che mi avvolgeva e non mi faceva dormire, come invece facevano i miei fratelli.
Pensavo che per i miei nonni, per mia madre e mio padre, quei tempi erano stati segnati da tante, troppe rinunce. Pensavo che il pane che era mancato loro era stato il frutto di un furto. Ammiravo mio nonno, animo anticonformista, che poco si era dilettato in queste leziose captatio benevoletiae, pagando un prezzo alto che ricadde ingiustamente anche sui suoi figli.
E mi viene in mente una similitudine con questi presidi della scuola, nostri superiori investiti – dal «Renzino di turno e dalle Giannette per caso» – di poteri da podestà nel progettino chiamato Buona Scuola: so per certo che pletore di genitori disperati hanno già dato avvio alla campagna acquisti del Preside – amico dello zio del cugino della mamma della cognata del vicino – e penso che il Natale, la Pasqua e le feriae augusti di questi nuovi vescovi conti, investiti di un potere feudale o fascio-feudale sarà sicuramente più ricco e appagante di quello che vivranno la moltitudine di insegnanti che ambiscono, dopo decenni di studio, a un lavoro dignitoso.
Ho conosciuto molti presidi nella mia carriera, di altri ho sentito narrare, so per certo che accanto agli onesti siedono i disonesti e gli incapaci.
Non oso immaginare come useranno i poteri discrezionali che sono stati loro conferiti.
Temo che saranno molti quelli che – l’ho già visto accadere – appronteranno per i loro figlioli ruoli di collaboratore o chiederanno all’amico di favorire il merito di parenti e amici, quando non confezioneranno cattedre ad hoc. Non posso dimenticare la recente “portineria” al posto di materia alternativa alla religione cattolica, imposta (senza nemmeno consultare il Collegio) dal preside di una scuola, per agevolare il figlio del preside suo amico. Già indagato per altri traffici.
Quest’arma forgiata nella fucina del LoRenzi è davvero un arma medievale, di quelle che imbracciavano i combattenti al soldo del signore di di turno. Di quelle che il signore utilizzava per investire vassalli, valvassori e valvassini.
Intanto la mensa dei lavoratori della scuola è una tavola spoglia cui sono state sottratte anche le posate. Vengono restituite due dita di meritocrazia, che ai tempi di mio nonno si chiamava sudditanza. Per un tozzo di pane. Secco.