Maria Lai: educare alla bellezza – di Daniela Pia
Sabato dodici Luglio, una nutrita delegazione dei Cobas scuola Sardegna, si è data appuntamento ad Ulassai, in un’ assemblea regionale, per discutere sulla situazione della scuola italiana. È stato in quel frangente che siamo stati invitati/e all’ inaugurazione del museo dedicato a Maria Lai. Accolti/e in uno spazio di nuvole e vento dal quale si son spalancate le trame della narrazione di questa straordinaria artista.
Mondi paralleli: dell’ anima, dei luoghi e dello spazio, ci sono venuti incontro, tratteggiati con ago e filo, drappeggiati attraverso i tessuti della tradizione sarda; scolpiti con i materiali della terra e disposti ad un racconto in divenire. Nulla è compiuto nei pannelli di Maria Lai, i fili si sporgono dalle cornici e pendono sul vuoto, quasi ad invitare le mani a continuare la trama. I suoi libri di pietra si aprono all’ interpretazione, la voce del visitatore si unisce al racconto, lo condivide, se ne emoziona. Il paesaggio si fa complice. Acqua terra e cielo si aprono in profondità, da questi spazi interiori si spande ll belato della capra nera, il richiamo del pastore, il sibilo del maestrale che si insinua nelle spaccature dei Tacchi . Dai tessuti sovrapposti il colore si fa aroma di menta selvatica, onda di mare, alito di corbezzolo e lentisco. I picchi calcarei di Tisiddu si intuiscono nei punti bianchi che l’ ago imprime sulla tela e sul velluto.
Il cerchio e il triangolo smettono di essere solo figure geometriche per farsi universi.
“Leggere l’ opera d’ arte non significa spiegare, l’ arte deve diventare pane da offrire a una mensa comune, è la cultura che deve apparecchiare la mensa non come per un rito religioso, non come per un mercato.”
Così intendeva la fase della creazione artistica, Maria Lai, che scriveva ancora: ” l’ arte come il gioco, non ha scopo pratico; come l’ amare non ha lo scopo di significare”. È dall’ amore e dal rispetto per i luoghi e la terra, che questa donna ha trovato le energie per combattere feroci battaglie contro il potere cieco, contro amministrazioni comunali poco lungimiranti, complici della cancellazione della memoria e della propagazione del nulla . Era convinta, Maria Lai , che il frutto della creatività dell’artista non dovesse essere alcunché di preconfezionato, niente doveva dirsi definitivo, tutto doveva potersi trasformare, soprattutto nell’ opera d’ arte, grazie anche alla complicità di inattese folate di vento e persino dell’ umidità. Avvertiva che “la favola, la poesia, l’ arte, nutrono di più della filosofia e della scienza, ma [ denunciava] sono sempre ai margini dei programmi scolastici.” Invitava così alla tutela della bellezza. Per noi insegnanti, l’ essere stati presenti alla Stazione Dell’ Arte, museo che Ulassai le ha dedicato, oltre che un privilegio, è stata occasione di riflessione sulla responsabilità che abbiamo, come educatori, di far conoscere, diffondendole, trame di un racconto eterno fatto di un linguaggio universale, trasmesso da mani e occhi divenuti testimoni e custodi del tempo. Questa lezione ci ha regalato Maria Lai. Questa lezione vorremo poter trasmettere.
l’arte è (in)utile, come il gioco e la bellezza, cose d’altri tempi, se ce ne dimentichiamo.