Santini e bollini
Quando andavo al catechismo, da bambina, la mia frequenza era piuttosto altalenante. Non per mia scelta. I miei genitori avevano un’ attività in proprio e sin da piccola dovevo fare i turni per contribuire al menage familiare.
Le suore che insegnavano ” la dottrina”, come presenza, ci mettevano dei timbri su dei foglietti, ad attestare i crediti: quando ne avevi cumulato cinque ti davano un santino. Una di quelle immaginette tutte ali e aureole. I ” meritevoli” dalla frequenza inossidabile ne cumulavano tantissime. Io ben poche. Mi sentivo molto discriminata perchè non solo lavoravo in casa e facevo i salti mortali per frequentare il catechismo ma cercavo di studiare e comportarmi bene come suggerivano le suore. Eppure non potevo eguagliare i meritevoli che cercavano di accattivarsi la simpatia delle suore con la loro frequenza, ma anche con qualche ” presente” che i genitori mandavano alle “sorelle”. Sin da allora ho capito che non ero adatta alla raccolta punti. Mi riesce difficile essere accondiscendente. Mi porto sulle spalle una bisaccia di fatica, con dentro il bagaglio di una qualche coerenza fra il dire e il fare, avverto che queste continue riforme della scuola si somigliano tutte nel tentativo di cancellare la coerenza del nostro agire. La raccolta bollini le accomuna e mi/ci stanno sfiancando. Io non ho mai raccolto i bollini nemmeno al supermercato. Non ho mai vinto la gara delle immaginette. So che non sarò fra i finalisti di questa vomitevole guerra fra poveri insegnanti. Poveri di spirito e di denari. NON raccoglierò bollini. Non lo ritengo dignitoso. Sento questa farsa di san Matteorenzi come un insulto alla nostra professionalità e alla nostra libertà di insegnamento. Provo una vergogna strisciante, eppure so che a vergognarsi dovrebbero essere questa specie di “montagne” di menti di politicanti capaci di partorire solo rachitici topolini a forma di bollini.
Daniela Pia