GENOVA, 20 LUGLIO: “un giorno come tanti, un mare senza vento, non vedo un cambiamento” – di Gian Luigi Deiana
Grazie Gian Luigi
GENOVA, 20 LUGLIO: “un giorno come tanti, un mare senza vento, non vedo un cambiamento”.
di Gian Luigi Deiana
I sardi vedono Genova entrando dal mare, col groviglio dei palazzi oltre il groviglio del porto e il groviglio delle colline sopra quello dei palazzi.
Visti dalla nave che si avvicina all’approdo, i primi piani scivolano su quelli più lontani, e le grandi gru sugli alveari di case, come nel campo visivo di una grande macchina da presa.
Non sono in grado di contare tutte le volte che siamo passati di qui, da bambini, io e i miei fratelli presi rigidamente per mano, nelle avventure migranti dei miei genitori, come migliaia di altri.
Era dura, ai tempi, ma non si è mai creata in noi un’immagine di Genova come città ostile.
Col tempo abbiamo anche imparato ad associarla alle canzoni dei suoi poeti, alla sua fedeltà partigiana, e al coraggio esemplare dei suoi preti per strada.
Poi venne il tempo dell’alternanza, quella di sbarchi gravidi ora di riso ora di pianto.
L”otto giugno del 1976 fu ucciso a colpi di pistola il fratello di mio padre, poco dopo mezzogiorno, a cento metri dalla stazione dei treni per il nord.
Aveva accompagnato il giudice Coco a casa e lo aspettava di nuovo in macchina. Proiettili bucarono il giornale che stava sfogliando al volante.
Vennero altre volte, e ora ero io a prendere i bambini per mano, quando andavamo in vacanza qua e là.
Poi verso la metà di luglio del 2001 venimmo invece in una moltitudine variopinta, dalle varie isole e metropoli di questa Europa rivestita con abiti nuovi per la festa senza fine del libero mercato: erano venuti i giorni del G8, quelli della celebrazione del mondo nuovo.
Sono state scritte tante cose su quei giorni, e tutto quello che ancora oggi si legge e si scrive è ormai completamente futile: tutto, eccetto la radiografia crudele del mondo che ci è stato consegnato in quella celebrazione di allora.
Solo ieri 19 luglio 2021 le statistiche sanitarie hanno registrato una paurosa impennata di contagi, proprio ora che al 20 luglio doveva essere tutto finito, e contemporaneamente i grafici della finanza hanno registrato un pauroso tracollo delle piazze borsistiche mondiali.
Le polizie fanno ridere di fronte a questo spettacolo.
Buon giorno Carlo, oggi siamo qui ancora per noi e ancora per te.
Da quel giorno io sono tornato altre volte, e una volta importante per iscrivere mio figlio a questa università.
Ogni volta i passi mi hanno portato da quell’ombra di via Balbi, dove proiettili uccisero un uomo che mi era caro mentre leggeva il giornale, a quell’ombra di piazza Alimonda, dove proiettili uccisero un ragazzo che come tutti noi altri cercava il suo spazio per parlare. Risolvere le cose a proiettili: quale demoniaca stupidità.
Quel giorno fummo bloccati sotto il sole accecante, in decine di migliaia, con le sirene incessanti delle ambulanze e le parolacce e il sangue, fino a quell’esito fatale.
Non serve descriverlo ancora.
Oggi però ne parliamo appena di nuovo.
Fra qualche ora torneremo in piazza Alimonda; intanto stamattina si tiene l’ultima assemblea di questi giorni di ricordo, qui a Genova, la riunione internazionale dei Forum che ha per titolo “voi la malattia, noi la cura”.
Qui è la piazza del palazzo Ducale.
È bella, qui di fianco ci sono due mostre, una riguarda le contestazioni del G8, e si intitola “Cassandra”, e una dedicata ai fotografi della Magnum e soprattutto all’Italia fotografata da Robert Capa.
Il tempo ritorna, il problema è capirne la strada.
“Voi la malattia, noi la cura”?.
Ho sempre un granitico moto di dubbio su queste divisioni così certe.
Se “voi” è il potere politico-economico vigente e “noi” è questa convergenza di buone volontà di ciò che resta di allora, più umilmente direi che voi siete la malattia, e che noi non siamo la cura.
Vorremmo esserlo, ma è ora che il testimone passi anche di mano.
Ragazzi miei, figli di questo mondo, non lasciatevi sbranare da quello che si vuol fare arrivare: ancora più liberismo, ancora più integralismi religiosi e razziali, ancora più menzogne, ancora più polizie, ancora più demoni.
Comprendere e perdonare, comprendere e combattere: noi ci saremo.
Buon giorno Genova, buon giorno Carlo