Sulle pensioni
di Bruno Firinu
Chi aveva maturato i requisiti entro il 31/12/2011 (ore 00,00) è potuto andare in pensione nel 2012. Ma anche per un solo minuto oltre, quella data “discriminante” ha messo in attesa temporale da un anno fino a sei anni gli altri lavoratori, perché la Fornero ha cassato la possibilità di usufruire della pensione di “anzianità” (cioè di servizio effettivo) spostando per tutti, verso l’alto, il termine dell’età lavorativa (“vecchiaia”) e consentendo solo in alcuni casi la pensione “anticipata”. Il veloce e continuo innalzamento dell’età pensionabile viene legato all’incremento della speranza di vita: così la riforma Fornero permette di anticipare la data di pensionamento solo a condizione di pesante penalizzazione.
Un’altra data importante e discriminante introdotta dal riforma delle pensioni è quella del 31/12/2017.
Per i lavoratori con età inferiore a 62 anni (pensione anticipata) le norme prevedono una penalizzazione economica nella percentuale del 2% per ogni anno prima dei 60 anni e dell’1% dopo. Ma, fino al 31/12/2017, la penalizzazione non si applica per alcuni casi come è stabilito dall’art. 6 del decreto “Mille proroghe” (D.Lvo n. 216 del 29/12/2011): “Le disposizioni dell’articolo 24, c. 10, in materia di riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici, non si applicano, alle persone che maturano il previsto requisito di anzianità’ contributiva entro il 31/12/2017, qualora la predetta anzianità’ contributiva derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, che comprendono i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per gli obblighi di leva, per infortunio sul lavoro , per malattia e di cassa integrazione ordinaria”.
In questa proroga non rientrano però né il riscatto degli anni di università, né dei periodi di maternità facoltativa, né di cassa integrazione straordinaria. Inoltre non rientrano più ai fini del conteggio dei 42 e rotti anni di servizio i giorni di assenza dovuti ad altri motivi, quali:
• permessi retribuiti per motivi familiari,
• lutto,
• diritto allo studio,
• donazione del sangue,
• sciopero.
Con la riforma Fornero i permessi goduti con la Legge 104 non vengono più conteggiati ai fini pensionistici. La riforma Fornero penalizza in questo modo chi già viene penalizzato dalla vita.
Da anni ormai si chiede che chi assiste figli disabili possa andare in pensionamento anticipato di qualche anno, e invece costoro saranno costretti a recuperare tutti i giorni di “permesso”. Nel conteggio del tempo di servizio effettivo entrano solo i giorni lavorati e non quelli coperti da contributi lavorativi, di conseguenza chi ha fruito di due anni di congedo dovrà lavorare due anni in più per maturare quel diritto. Se non lo fa incorre in penalizzazioni di trattamento. Insomma i 42 e rotti anni da considerare per la maturazione dei requisiti pensionistici possono essere solo anni di lavoro effettivamente prestato. Neppure le ore dedicate alla donazione di sangue, seppur coperte da contribuzione effettiva e utili ai fini pensionistici, sembrerebbero utili per determinare l’anzianità contributiva. In pratica chi dona il sangue da quando aveva 18 anni facendolo con cadenza trimestrale come previsto, in 40 anni matura 160 giornate lavorative (7-9 mesi) in più da recuperare. Vincenzo Saturni, presidente di AVIS dice: “Penalizzando i donatori dal punto di vista pensionistico non si riconosce il valore morale e solidale della donazione di sangue per il servizio sanitario nazionale, scoraggiando per l’immediato futuro la chiamata dei donatori (attuali e potenziali) e mettendo seriamente a rischio l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale di sangue ed emocomponenti. E questo, semplicemente, non è accettabile”. E non si può non essere d’accordo con lui. Tutto questo non fa altro che scoraggiare le donazioni e aumentare la preoccupazione degli italiani per le proprie pensioni. E se oggi il timore riguarda ancora quando e come lasciare il lavoro mantenendo un assegno dignitoso, per il futuro c’è chi immagina addirittura di non arrivare mai alla pensione.
Nel contempo sopravvivono le pensioni d’oro e i privilegi dei politici e dei dirigenti aziendali. Bell’esempio di responsabilità politica.