Bisogna saper perdere

da quando il circo calcistico mi è diventato indifferente ho evitato senza problemi per qualche decennio anche le vicissitudini della nazionale italiana; ma confesso di aver fatto tifo qualche anno fa, precisamente per l’islanda; ora sono invece infastidito e incattivito, e non per il fatto che l’italia è fuori dai mondiali mentre la svezia ci va, cosa assolutamente sacrosanta, bensì per tutto il casino generale, lo scoramento e l’afflizione che hanno messo insieme le reti unificate, la destra e la sinistra, gli esperti e gli sprovveduti e i ricchi e poveri; e di qui tavecchio e ventura, ancelotti ed helenio herrera e palloni tondi e bisquadri;

bene, penso che qui ci sia un equivoco, cioè il presupposto comune che se da un lato c’è il “vincere” e dall’altro lato il “perdere”, ne deriverebbe per pura logica l’opposizione “saper vincere” contro “saper perdere”; nossignore, tutti sanno fin da bambini che se la prima regola di ogni gioco è, per pura logica, “saper perdere” (senza di che il gioco non sarebbe tale) l’opposizione simmetrica non è affatto “saper vincere”, ma “riuscire a vincere”; quindi la relazione oppositiva corretta è “riuscire a vincere – saper perdere”: o l’una o l’altra, e se non sei capace non devi nemmeno iniziare a partecipare: cioè, fuori dai coglioni;

nel caso attuale pare che non si sia stati in grado di “riuscire a vincere”, cosa che capita una volta su due a tutti quelli che giocano; la fregatura epocale oggi è che l’intera nazione si sta rifiutando accanitamente di “saper perdere”, e questa non è una sconfitta calcistica, è una sconfitta antropologica: è una totale e inappellabile sconfitta di civiltà, fanculo!

Gian Luigi Deiana

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