CHI HA PERSO A CASSINO (una tragedia italiana)

Cassino è stata teatro di una delle battaglie più feroci della seconda guerra mondiale, e come tutte le battaglie ha avuto i vincitori e gli sconfitti; ma in questi giorni è stata teatro di una ricorrente tragedia italiana nella quale ci sono solo sconfitti, e sulla quale, essendo più facile condannare piuttosto che riflettere, è il caso di meditare;

un padre si è suicidato stanotte alla vigilia di un confronto con la figlia quindicenne davanti ai giudici; per come è stata divulgata la notizia, tale confronto sarebbe stato necessitato da una segnalazione scolastica, consistente nel racconto reso dalla ragazzina in un tema, cioè il racconto della violenza sessuale da lei subita da parte del genitore;

con questo suicidio il caso si pone come chiuso, e quindi tutti noi miseri mangiatori di cronaca possiamo andare tranquillamente a dormire, mentre la cucina del noir prepara qualcos’altro per il menù di domani;

e invece no, questo suicidio “apre” il caso; non tanto perché la madre mette un interrogativo su ciò che ha scritto la figlia, e denuncia la divulgazione pubblica sopravvenuta “prima” dell’indagine giudiziaria come responsabile dell’esito catastrofico della vicenda; ma per il fatto che, appunto, siamo di fronte a una soluzione che non risolve;

se un genitore viene pubblicamente indicato come artefice di un simile delitto, e la fonte dell’accusa è proprio la figlia, egli ha non una ma due contrapposte ragioni per suicidarsi: la prima, se l’accusa corrisponde alla realtà, comporta il suicidio per la “colpa”; la seconda, se l’accusa non corrisponde alla realtà, comporta il suicidio per la “vergogna”: quale che sia la verità, quest’uomo non ha praticamente altra scelta;

vediamo ora la condizione ancora più tragica della bambina: se l’interpretazione di ciò che lei ha raccontato corrisponde alla realtà, la morte del genitore probabilmente la libera da un peso che sarebbe davvero più gravoso per lei, se lui fosse restato in vita: tuttavia resterebbe una liberazione gravata per il futuro da una lunga ombra che solo il tempo potrebbe diradare; se invece l’interpretazione di ciò che lei ha raccontato non corrisponde alla realtà, il perché di quell’ombra non si dissolverà mai nei suoi giorni; non conta quello che ne posso pensare io o l’opinione pubblica, conta quello si muove nell’interiorità di un’anima adolescente tragicamente sola;

ma la macchina della cronaca nera non concede mai la prudenza, la ponderazione e il pudore, virtù che ne disturberebbero il mercato al consumo: essa è più che mai, oggi, un supermarket per una società di antropofagi, e ha bisogno ogni giorno di orchi da fare a pezzi nel reparto macelleria; è la lavanderia più turpe per la coscienza pubblica, che intanto coltiva nel suo seno la fascinazione generalizzata della violenza insieme alla bella immagine di sé;

ricordo che una ventina di anni fa due giovani genitori portarono la figlioletta di due anni al pronto soccorso, per una grave lacerazione negli organi genitali; il padre fu arrestato; qualche settimana dopo si venne a sapere che la bambina aveva un tumore, e solo quella era la ragione della sua ferita;

quale che sia ora la situazione della nostra quotidiana battaglia di cassino, dovremmo per un attimo considerare che tutti qui abbiamo perso, e se è possibile dobbiamo ricordare che per quanto ci sentiamo in diritto di essere impietosi altrettanto ci dobbiamo sentire in dovere, a volte, di coltivare un po’ di pietà

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