INARRESTABILE (riace, taranta calabra)

FISARMONICA A PIOGGIA IN VIA SIGNORA CARMELA. il sindaco di riace abita in via signora carmela, in cima al piccolo paese: è un bel nome per una via, dà una sensazione di casa propria più che un omaggio vuoto a un personaggio illustre; la via è proprio in salita e in cima c’è l’ufficio postale, ma è lunga meno di cento metri; in realtà a riace tutto è abbastanza piccolo e misurato, dato che l’abitato poggia su una esigua convergenza di calanchi: tutto, eccetto la vista sullo jonio che si estende là sotto, a pochi chilometri di distanza: laggù, oltre una sottile striscia di pianura occupata dalla statale, dalla ferrovia e dalle case
al mare, lo jonio corre fino all’orizzonte; inoltre a riace, come ormai in tutti i paesini di collina, tutto è silenzioso e pressoché immobile, ed anche il fracasso e i colori di un assembramento di migliaia di persone, in uno spazio così ristretto, sembrano composti e immobili come gente al presepe; mimmo non ha potuto fare a meno di affacciarsi alla finestra per salutare, anche se gli è vietato comunicare liberamente; ma quando è cominciata la pioggia la gente, anziché defluire come in genere si fa per consentire di avvicinarsi anche a chi è fermo più giù, si è assiepata ancora di più là sotto, e in mezzo alla calca una fisarmonica ha cominciato a suonare, e con lei piatti e tamburi e un canto di taranta che non finiva più e che riprendeva più forte quando la gente intorno ha cominciato spontaneamente a danzare; la tarantella, ho poi saputo, narrava di una ribellione di baraccati alla cacciata dal loro rifugio, nella confusione di una emergenza; è stato in quella spontaneità così immediatamente condivisa da gente di ogni dove, che non si era mai conosciuta prima e che si prendeva per mano, e in quell’effetto psichico per cui una musica che di fatto dura solo alcune decine di minuti sembra avere il potere di non finire mai, è stato lì che ho percepito la forza dell’inarrestabile;

INARRESTABILE. mimmo lucano era molto commosso e non voleva che si vedesse; così i suoi minuti scorrevano tra lo sguardo immobile, il doversi voltare per il nascondimento del pianto e il saluto a pugno chiuso, alla terra e al cielo, e al mare; inarrestabile è ciò che non può essere arrestato: non le nuvole, non la taranta dei baraccati, non la danza di chi si prende le mani, non la commozione, non la speranza; non ciò che è portato dal mare, non le strade dei fuggitivi, non le migrazioni degli esseri viventi; e nemmeno mimmo lucano, può essere arrestato, come a tutti è diventato evidente in quelle ore di pioggia, in via signora carmela, dove migliaia di persone a nome di altri milioni hanno dichiarato la propria correità col suo delitto, il delitto di umanità; e tuttavia nemmeno l’inumanità può essere arrestata: anzi ci sono tempi in cui essa innalza la sua onda fino a farla sembrare più potente di tutto il mare e più grande di tutti i suoi naufraghi e di tutti i suoi relitti, e sembra trionfare a lungo; e innalza reti e muri e campi di detenzione, l’inumanità, per proteggere se stessa, ignara del fatto che ogni autoprotezione è la peggiore delle prigionie; nel messaggio di mimmo lucano, letto poi nella piazza e divulgato in mille modi e stralci, vi è una breve considerazione verso la fine, che riguarda il rapporto di ciascuno di noi con la storia: “vi auguro di continuare a camminare, nonostante le cadute, perché la storia continua anche dopo di noi , e quando lei dice addio, sta dicendo arrivederci”; è questa coscienza che la sua gente chiama ‘utopia della normalità’;

CRISTO NON SI E’ FERMATO AD EBOLI. cristo è ovviamente una metafora ed anche eboli è una metafora; lo è anche riace che vanta cittadinanze curde, o nere, e lo è lodi, che pone condizioni ai figli di immigrati per la mensa all’asilo infantile; lo è il sud e lo è il nord, l’africa, o l’europa; tutti noi siamo anche metafore: è divertente ed è necessario, ma è necessario anche avere attenzione per i loro significati; l’immagine utopica che l’amministrazione di riace vanta come sua è una cosa filosoficamente importante, che lega l’umanista calabrese tommaso campanella al comunista sardo antonio gramsci fondendoli in una medesima persona: è la missione dichiarata della “città futura”; è curioso che una amministrazione si fondi su una filosofia, e che un programma di governo si proponga l’edificazione della “città futura”; il mio personale viaggio per questo posto lontano, dalle colline di gramsci alle colline di campanella, è stato inevitabilmente sconclusionato, sia per gli itinerari sulla carta o sugli orari di treni e autobus, sia per l’incredibile notte di fulmini e pioggia che ha scombinato la già precaria condizione delle ferrovie; mi sono ritrovato persino a rifare l’autostop, come ai bei tempi: anche i viaggi servono se prendono la forma di metafore, perché ampliano il loro senso; riace dista otto chilometri dalla statale e una ventina dalla più vicina stazione ferroviaria; è stato lì che un signore si è fermato per darmi un passaggio; mi ha subito detto che alla vista gli ero sembrato uno che era diretto a riace, e così mi ha anche descritto qualcosa dei luoghi; poi, una volta su, una signora che veniva dalla puglia, con in mano una bandiera del sindacato usb, mi ha detto che non era quella bandiera ad averla indotta a venire lì, ma una specie di comandamento che l’aveva tenuta sveglia la notte;

OGNI LUOGO HA UN’ ANIMA, MA OGNI ANIMA PUO’ AVERE MOLTI LUOGHI. riace marina è il luogo dove sono stati ritrovati i più famosi cittadini di riace, cioè i “bronzi”; tutti sanno di cosa si tratta, ma per me quello che conta è che non solo sono meravigliosamente belli, ma che nonostante siano così importanti non hanno un atteggiamento di superiorità o di ostilità; erano stati ritrovati a pochi metri dalla villa di un boss, o comunque di uno cui poi la costruzione è stata sequestrata e infine affidata dalla magistratura al sindaco di riace; il quale, mimmo, pur preoccupato delle implicazioni, ha subito indirizzato la nuova destinazione d’uso ad ostello comunale; quando sei quasi arrivato a riace, sulla collina famosa per la maturazione precoce delle favette in inverno, trovi il vecchio santuario dei santi cosimo e damiano, venerati in quanto dottori e protettori delle cure e delle guarigioni; a parte il fatto che questi due santi sono anche i protettori di fatto del mio paese, ardauli, specializzato anch’esso in favette e altri doni della campagna, il motivo per cui il mio accompagnatore ha ritenuto utile darmene una narrazione è dovuto alla vicenda secondo cui anche questi due, a qualche secolo di distanza dai loro predecessori di bronzo, e cioè nel terzo secolo dopo cristo, sarebbero approdati nella costa di riace; si sarebbero fatti valere per la loro arte medica e infine, non so perché, furono uccisi; in fondo erano stranieri, e precisamente curdi, ed erano venuti dal mare; ma poiché la storia non dice mai addio e in realtà dice sempre arrivederci, ecco che nel 1998 dopo cristo, cioè vent’anni fa, un barcone a vela si insabbia nello stesso luogo: c’erano sopra 184 fuggitivi curdi partiti una settimana prima dalla costa della turchia: tra essi 72 bambini; è qui che inizia la storia di mimmo lucano, sindaco di riace, quello per cui l’utopia è normale e la storia non dice mai addio;

QUOTIDIANITA’ LIBERATA. se immaginiamo riace fuori da questa giornata così particolare, e cioè nella vita quotidiana, possiamo vedere la crescita spontanea della socialità; ciascuno di noi è portato a cogliere la vicenda di uno sconosciuto, e in particolare di un immigrato, come la vicenda di “una” singola persona, e di tutti quanti loro come una somma di vicende singole con singoli destini; ma questo non è che un pregiudizio; riace dimostra il contrario, e cioè che ‘la’ vicenda è sempre una vicenda sociale, e dimostra inoltre che se le possibilità della socialità vengono liberate, e se i singoli destini possono intrecciarsi liberamente, non può non nascere una forma di società nuova, capace di autocomprendersi e di darsi valori e regole; la situazione che è venuta a maturare in questo piccolo paese va oltre la dimensione esistenziale o politica di mimmo lucano: è diventata vita quotidiana, con tutti i problemi della vita quotidiana; ma è una quotidianità liberata, e senza quotidianità liberata non vi è propriamente vita: vi è oscurità, mancanza di vista sull’orizzonte, impossibilità di direzione, solitudine, disistima di sé, e paura; la natura umana “deve” poter plasmare giorno per giorno il proprio mondo per non restare prigioniera; questo è il senso della più importante lezione della filosofia occidentale, espressa magistralmente per tutti dal grande immanuel kant e tradotta oggi, ancora una volta, alla prova delle migrazioni; un uomo liberato dalla sua costrizione alla solitudine, o al dover vivere dicendo grazie, sia esso afgano, curdo, etiope, o maliano, diventa immediatamente la nuova fonte di un inesauribile contributo alla socialità generale: se mi si chiede cosa ho trovato di particolare gironzolando tra quelle vecchie casette o in piazza rispondo che è questo: più della conoscenza dell’italiano, più della disposizione espressiva o della cortesia, la propensione insospettata alla profondità concettuale e all’autonomia di giudizio, frutto di una costruzione della visione del mondo libera dalla precarietà e dalla disperazione; questa è la dimostrazione “pedagogica” di ciò che è avvenuto lì, ed è proprio questo che spaventa gli xenofobi di ogni tempo e luogo: la pedagogia aperta, la quotidianità liberata;

LEZIONE ZINGARA. la taranta inarrestabile con cui ho aperto questa pagina di viaggio era mossa da una fisarmonica suonata da un signore un po’ anziano, di carnagione molto scura e dalle sembianze particolari; indossava una giacca un po’ logora, così come lo era la fisarmonica, e sorrideva a una specie di immobilità delle cose; ho pensato che fosse di etnia rom o sinti, o qualcosa del genere, anche per la maestria e la vivacità del suono e per la forza di trascinamento; ebbene, la festa di cosimo e di damiano, i santi di riace e anche di ardauli, si fa a fine settembre: l’inizio dell’autunno è un luogo ricorrente dei riti agrari e delle preghiere di carattere medico; però a riace la festa non dura canonicamente tre giorni, ma ne dura quattro; e ne dura quattro poiché il primo dei giorni di festa appartiene agli zingari; essi infatti quel giorno convergono a riace da ogni dove, se possono fissano qui le cerimonie di nozze e riempiono la collina dei loro suoni e delle loro voci; nessuno qui può toccare lo zingaro o ripromettersi di cacciarlo; c’è davvero qualcosa di profondo e di antico nelle nostre vene, e finiamo per non accorgerci di quanto diventiamo ogni giorno più poveri dimenticando o rinnegando tutto questo; non c’è città futura che duri o che valga la pena, senza cognizione delle città passate; questa immagine dei bronzi greci durati per oltre venti secoli sul fondale di sabbia, e dei medici guaritori venuti dalle terre dei curdi millesettecento anni fa, e di tutti gli zingari che tornano qui a ogni equinozio di autunno per venerarli e festeggiare le nozze dei loro giovani, e di quell’uomo con la fisarmonica che induceva gente sconosciuta a danzare, lassù in via signora carmela, vicino all’ufficio postale: questo è ciò che vedeva dalla finestra della sua stravagante prigionia il sindaco di riace quel giorno, col mare grigio davanti.

((ho cercato di postare più sotto un video di un minuto, contenente un frammento della tarantella; pioveva e avevo il cellulare scarico, e soprattutto sono un analfabeta delle macchinette))

((altre due postille: la prima è che ringrazio tutti quelli che mi hanno scritto di ritenere che io fossi lì anche per loro: ne sono consapevole, come lo sono tutti quelli che erano lì, a riguardo delle persone loro care; la seconda è che ritengo che il messaggio scritto dal sindaco per tutta quella gente, affidato alla lettura nella piazza, sia davvero un testo di forte carica pedagogica, e che debba essere conosciuto))

Gian Luigi Deiana

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