FOGU incendi: resta a casa che l’erba cresce – di Gian Luigi Deiana

FOGU incendi:

resta a casa che l’erba cresce

di Gian Luigi Deiana

Scrivo queste righe nella convinzione che il tema, il tema degli incendi nell’estate in arrivo, si presenti quest’anno con  condizioni di rischio eccezionali.

Spero perciò che la preoccupazione che muove me, che pure mi auguro ardentemente di sbagliare, sia condivisa e possa servire a qualcosa, dati i ridottissimi margini di tempo a disposizione.

Gli incendi sono per loro natura emergenziali, e in qualche modo si è imparato a predisporre modi e mezzi per fronteggiarli.

Come è noto, la Sardegna presenta le condizioni di pericolo più difficili, ma la questione riguarda in realtà anche tutto il territorio montano e collinare italiano.

I mezzi di contrasto fondamentali, che quest’anno sono eccezionalmente carenti o eccezionalmente in ritardo, sono costituiti dalla frequentazione di campagne e di boschi da parte dei singoli, per le consuete ragioni di cura colturale, e dall’azione pianificata e coordinata di strutture pubbliche, a ciò specificamente deputate.

Come sappiamo siamo stati obbligati da una circostanza eccezionale a stare a casa per due lunghi mesi.

Le rare frequentazioni della campagna sono state irrilevanti, essendo pressochè impraticabile la mobilitazione di mezzi nonchè la concertazione di interventi fra più persone.

E tuttavia la primavera, ignara di suo delle scorribande del Covid e dei nostri problemi, non poteva ubbidire alle disposizioni governative e non è restata a casa: la vegetazione ha fatto il suo corso come non mai e nel silenzio di una economia umana sospesa la natura si è presa liberamente ciò che è suo.

Il nuovo è cresciuto sul vecchio e il verde sul secco di prima, estendendo un lenzuolo stratificato di erbe e ramaglie su immense estensioni, ivi comprese tutte le reti di viabilità rurale.

La raccomandazione di limitare gli spostamenti, allentata il 4 maggio e sollazzata da variopinte rivendicazioni sulla priorità per le sante messe o per il distanziamento di tavolini all’aperto, di fatto ignora tuttora la primaria necessità di interventi immediati sul rischio ormai incombente.

Ma come si sta preparando la macchina pubblica mentre io e te stiamo a casa e l’erba cresce?

Bene, anzi male: la macchina pubblica è costituita dal Corpo Forestale Regionale, dall’Agenzia delle Foreste Demaniali oggi chiamata Forestas e dalla Protezione Civile.

Tutti e tre questi apparati dipendono in Sardegna dall’assessorato all’ambiente, e l’Assessore all’Ambiente nella sua qualità di plenipotenziario ha sostanzialmente evitato di guardare oltre l’emergenza Covid.

Ha subordinato alla Protezione Civile, che si dice concentrata sull’emergenza Covid, ogni altro assolvimento coinvolgente le altre due strutture, col risultato che tutto è praticamente fermo.

A sua volta l’Agenzia Forestas è da circa un anno immobilizzata su un problema di mansioni, nel senso che per ragioni contrattuali e soprattutto di sicurezza il personale non può essere impiegato in operazioni di taglio, spegnimento, guida di autobotti ecc., senza un protocollo di requisiti e quindi senza attribuzione di mansione.

Con ciò si prospettano soluzioni alla giornata basate sull’approssimazione formale e sulla sfiducia personale.

Persino le visite mediche degli operatori dell’agenzia sarebbero sospese in attesa della fine dell’emergenza Covid.

Sarebbe curioso, visto che invece le Compagnie Barraccellari dei singoli Comuni, evidentemente più direttamente motivate dalla visibilità del pericolo, stanno provvedendo in autonomia e a proprie spese a questi indispensabili preliminari.

Cosa poi ne possa derivare sull’intero apparato, che dovrebbe gestire le strutture di avvistamento, le comunicazioni, gli interventi aerei, gli elicotteri, le squadre a terra ecc., è un mistero, se il vertice deputato, che resta la Protezione Civile Regionale in capo all’Assessorato, continua a disertare il suo compito.

Che fare dunque?

Secondo me è indispensabile che si mobilitino le due braccia restate così ottusamente a riposo nel corso della primavera.

Il braccio privato, costituito da decine di migliaia di piccoli operatori, coltivatori di vigneti, pastori, o addirittura “hobbisti” della campagna: “hobbisti”, almeno l’idea di un bosco in fiamme dovrebbe illuminare la stupidità di questa parola.

E il braccio pubblico, che per essere destato dal suo sonno di elefante necessita però di forti e appropriati richiami: da parte dell’associazione dei Comuni, e quindi del suo attuale presidente.

Da parte dei mezzi di informazione, che sono bravissimi a fare titoli di catastrofe dopo che il disastro è avvenuto ma che restano cronicamente disinteressati a studiare il rischio prima che il disastro avvenga.

E infine da parte di tutti noi cittadini, con l’attenzione a non buttarla in caciara ovvero in polemichetta da stronzi.

C’è sempre un prezzo nel non fare appena seriamente le cose.

Un prezzo: SU FOGU A PESE

 

 

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