CENTO ORE MILLE CHILOMETRI: Giro della Sardegna in bicicletta – di Gian Luigi Deiana

CENTO ORE MILLE CHILOMETRI
Giro della Sardegna in bicicletta

di Gian Luigi Deiana

 

Il periplo integrale della costa sarda, lungo le strade più litoranee oggi praticabili in bici, misura poco più di mille chilometri, poco meno di milleduecento se aggiungiamo i tragitti di andata e ritorno per i capi maggiormente protesi con i loro promontori sul mare.

Nella logica di un giro integrale alcuni di questi capi sono irrinunciabili, anche se impongono la deviazione dall’itinerario principale su bretelle più o meno lunghe da percorrere in andata e ritorno.

Si tratta precisamente delle quattro punte angolari che disegnano il rettangolo dell’isola: Capo Carbonara all’angolo di sud est (cioè Villasimius), Punta Falcone all’angolo di nord est (cioè Santa Teresa), Capo del Falcone all’angolo di nord ovest (cioè Stintino), Capo Teulada all’angolo di sud ovest (cioè Teulada).

Tutti questi lunghi speroni sono raggiungibili, salvo Capo Teulada che è ricompreso in un’area militare molto estesa il cui accesso è interdetto.

Oltre a questi si possono però raggiungere nello stesso modo altri promontori di grande bellezza come Capo Ferrato e Capo Figari nella costa est o Capo Caccia e Capo San Marco nella costa ovest.

Quindi il giro senza i capi varrebbe mille chilometri e il giro con le deviazioni sui capi, e i relativi fari e scogliere e gabbiani, varrebbe milleduecento chilometri.

Poichè una velocità media di dieci chilometri orari è assolutamente ragionevole per i ciclisti improvvisati, e una velocità di dodici chilometri orari resta comunque ragionevole per i buontemponi coraggiosi che pure vanno a piedi nelle salite, tutta l’operazione costerebbe cento ore di sana follia, cioè dieci giorni se ti butti su cento chilometri al giorno o venti giorni se ti butti su cinquanta chilometri al giorno.

Ma per considerare praticabile tutta l’avventura anche per gente poco avventurosa dobbiamo sottolineare, soprattutto per i sardi residenti, che non è affatto necessario fare tutto il giro di questa grande isola in una botta sola: questo infatti significherebbe caricare la bici di bagagli alla bisogna, ivi compresi tendina e sacco a pelo per le emergenze.

Aparte i normali imprevisti propri della bicicletta, in tempo di Covid infatti non è facile trovare un luogo da dormire per ogni singola tappa per una tirata di dieci o venti giorni, e dunque ci si può organizzare anche per uscite di un giorno o due e poi riprendere quando vien bene.

Ma come?

Per poter fare questo, oltre un saggio uso della propria auto, si deve fare ricorso al treno e soprattutto alla rete degli autobus, in quanto l’azienda regionale Arst consente di caricare anche le bici.

Per esempio se tu abiti ad Oristano e il tuo periplo è già arrivato a Villasimius e qui devi sospendere temporaneamente, è sufficiente che quando lo riprendi tu parta in treno da Oristano di prima mattina in modo da farti trovare alla stazione Arst di Cagliari alle otto, qui prendi il bus per Villasimius alle otto e quindici, arrivi a Villasimius un’ora dopo, prendi un bel cappuccino in un bar e per le dieci sei prontissimo a buttarti su Costa Rei e su fino a Muravera o Quirra o addirittura Tertenia.

Ti regoli sugli orari dei bus e nel tardo pomeriggio puoi ritrovarti strafatto ma felice di nuovo a Cagliari in stazione, pronto per tornartene ad Oristano col treno delle otto di sera.

La volta successiva puoi andare a Tertenia in macchina con la bici nel bagagliaio, ti prendi un bel cappuccino a Tertenia e ti sciroppi sessanta chilometri fino Baunei, eventualmente puoi dormire lì e arrivare il giorno dopo a Dorgali o Orosei in modo da incrociare con calma e spensieratezza un autobus che ti riporta a Tertenia per la sera…

Non voglio qui fare poemi e decantazioni sulla bicicletta: io la bicicletta la odio, cioè la odio in salita tanto quanto la amo in discesa.

Il bello è che glielo dico pure perchè sulle strade di questa isola piena di deserto la tua bicicletta è per molte lunghe ore l’unico essere umano col quale puoi scambiare due chiacchiere o almeno un’occhiata per assicurarsi che tutto va bene.

Ti fa da compagna esattamente come ti fa da compagno un bastone quando ti trovi a camminare in montagna per ore o per giorni: quando arriva il momento di tornare a casa tu non getti via il tuo bastone, ma lo appoggi con delicatezza al fianco di un albero e lo saluti con una specie di ringraziamento.

Non ti devi vergognare di questo, tanto non ti vede nessuno.

Ma chi te lo fa fare?

Qui la risposta è decisamente impegnativa: infatti puoi tranquillamente andare da Tertenia a Dorgali direttamente in macchina senza fare tutto questo casino, farti un giro a Dorgali e mangiare spaghetti coi frutti di mare e tornare a casa a vedere le trasmissioni come il Kilimangiaro e Chi l’ha visto.

Dunque?

Dunque il beneficio della bici, ma non solo della bici, consiste nel fatto che lo spazio che percorri produce nella tua mente una dilatazione del tempo: lo spazio dilata il tempo, e quindi le dodici ore che corrono dalle otto di mattina alle otto di sera mentre pedali come uno scemo soffrendo l’ira di dio non sono come le dodici ore che si consumano da sole stando seduti a casa o sul sedile dell’automobile, ma valgono almeno il doppio o anche il triplo.

Se fai questo giochetto per due giorni di fila, alla fine del secondo giorno percepirai l’immagine della mattina del giorno prima non come distante solo trentasei ore, ma come distante una settimana o più; a momenti ti chiederai con meraviglia: ma dove ero ieri?

Questo è ciò che chiamiamo viaggio, una cosa che non è una specialità dei cosiddetti tour operator ma è piuttosto una necessità primitiva: lo è tanto più oggi, dopo mesi di limitazione dei movimenti personali e dei rapporti col mondo esterno.

Un viaggio serve a tornare a se stessi con una specie di riconciliazione, e quindi solo tu puoi essere la tua agenzia e la tua bicicletta è oggi uno dei modi migliori per farlo: ricomprende il distanziamento sociale per tutto il giorno, riduce quasi a zero l’uso della mascherina, e il virus non le fa un baffo.

((ho scritto questa roba perchè mi è stato chiesto di farlo, in modo da chiarire l’organizzazione, che come si vede è assolutamente elementare; quanto a me, in questi giorni ho fatto quattro tappe ovvero trecentoventi chilometri da Marceddì a Villasimius, con una bicicletta che va ormai verso i cinquant’anni di età e una cassettina da frutta come portabagagli.

Mi restano una decina di tappe e prima o poi a una a una le farò.

La prossima andrà da Capo Carbonara a Quirra, al cancello della base aeronautica di Capo San Lorenzo: Capo Frasca-Quirra in quattrocento chilometri delle nostre strade, con l’augurio che l’occupazione militare scompaia quanto prima dalla linea delle colline)).

 

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