EUROPA : MILLE MASCHERE PER UNA IDENTITA’ (un voto al buio in cerca di luce) di Gian Luigi Deiana

EUROPA : MILLE MASCHERE PER UNA IDENTITA’ 
(un voto al buio in cerca di luce)

di Gian Luigi Deiana

l’appuntamento continentale con il voto del ventisei giugno è assolutamente paradossale; già in tutta la sua breve storia l’istituzione europea ha assegnato con piena regolarità e totale confusione il check up della propria esistenza al voto popolare, ma questa volta la regolarità e la confusione hanno proprio toccato l’apice; votano ventisette paesi, il più occidentale dei quali ha decretato per referendum il proprio exit, e i più orientali dei quali sono guidati nella propria entry da governi incompatibili coi principi fondativi dell’istituzione stessa;

ma poiché noi siamo in mezzo, ed anche con esalazioni fasciste fino al collo, ci si rende necessario evitare di fare spallucce ed anzi ragionare a fondo su questo enigma; propongo quindi alcuni passaggi di un possibile coerente ragionamento:

primo: dal punto di vista della dinamica storica e della proiezione antropologica il processo di unificazione europea è irreversibile, così come è ormai irreversibile il fatto che io g.l.d. non sono diventato vescovo di dusseldorf o centravanti del celtic di glasgow o pastore di renne in lapponia; quindi fare comparazioni tra la scena attuale e una immaginaria scena alternativa dotata dei connotati di quarant’anni fa (avere come moneta la lira o come legge suprema la costituzione) è tempo perso; oggi il campo di battaglia è questo e non ve ne sono altri;

secondo: il processo di unificazione si è realizzato finora, in circa sessant’anni, su tappe forzate, la cui forzatura è passata di mano su quattro fasi: nella prima fase i profeti, entrati in scena in nome della pace in seguito alla grande carneficina conclusa nel 1945 (spinelli ecc.); nella seconda fase i ricostruttori, cioè le grandi leadership politiche della comunità economica europea (schumann ecc.); nella terza fase i riformatori liberali post-socialdemocratici ispiratori di maastricht (delors ecc.); nella quarta fase i neoliberisti in senso stretto (juncker ecc.); oggi l’intera baracca è alla mercé di questa leadership, chiaramente incapace di ragionare in termini riformatori (terza fase ), politici (seconda fase) e tanto meno profetici (prima fase); il risultato sono figure scialbe come moscovici, o tusk, di cui non ci si può nemmeno lamentare in quanto ogni alternativa oggi sul campo può essere peggio;

terzo: posto che il processo è irreversibile ma che il suo prosieguo è al buio, cosa può fare questo voto? la risposta deve tener conto del fatto che in realtà l’istituzione che si va a votare è prevalentemente pletorica, in una architettura istituzionale che è strutturata molto sulla “governance” (la commissione) e poco sulla “rappresentanza” (il parlamento); tuttavia il voto per il parlamento assume un forte peso simbolico, soprattutto se ne derivasse un successo forte del cosiddetto “sovranismo” o di un protagonismo postumo degli stati-nazione; ((quindi secondo il sottoscritto è necessario andare a votare per indebolire questo esito reazionario oggi quanto mai pericoloso e nefasto));

quarto: i paesi fondatori sono approdati al progetto profetico di unificazione “a seguito” della scrittura di costituzioni nazionali democratiche avanzate, ispirate ai principi di democrazia, libertà individuale, diritti civili, giustizia sociale e pace tra le nazioni; curiosamente proprio quello che doveva essere il condensato unificato di queste costituzioni nazionali, cioè l’unione sovranazionale, non ha a sua volta una costituzione;

quinto: il non avere una costituzione vera e propria ha reso possibili due gravissime degenerazioni: la prima, il fatto che il potere è passato di mano ad oligarchie e articolazioni burocratiche avulse dal sistema reale dei bisogni e dal vaglio democratico degli indirizzi di governo; la seconda, il fatto che il vuoto di condizioni democratiche ha spalancato tutte le porte all’ingresso di paesi guidati da regimi reazionari e di campagne di propaganda nazionaliste allo stato puro;

sesto: tutte le costituzioni democratiche sono nate da passaggi storicamente tragici: grandi rivoluzioni sociali o grandi guerre; l’unione europea ha avuto l’ambigua fortuna di essere nata dalla pace costruita sulle ferite curate da quelle resistenze e da quelle costituzioni; ma le “ambigue” fortune, come le eredità di cui si è indegni, alla fine presentano il conto, ed oggi siamo appunto a una presentazione del conto il cui esito appare, appunto per questo, preoccupante e indecidibile;

settimo: per capire cosa sia davvero l’europa dobbiamo chiederci quale sia oggi la specifica identità di ciascuno di noi; se ci disponiamo a questo esercizio troveremo che l’europa è oggi per ciascuno di noi una scena di travestimenti e di maschere, laddove nessuno propriamente dice la verità; anzi nessuno sa quale sia almeno la verità sua propria; e dunque ciascuno di noi è spinto a connettere la sua singola identità (già di per sé incerta) alle pseudoidentità mutevoli ed effimere che compaiono confusamente in scena giorno dopo giorno: l’europa dei travestimenti, degli sproloqui e delle invettive, come nel frastuono di una giostra invasa da spot, venditori di spam e clown;

conclusione: ma… ma sotto il turbinio del presente perdura una lunga scia profonda, la storia nella sua lunga durata; qui va misurata e coltivata l’identità, anche se in genere non ne siamo all’altezza; questa identità profonda, questa comune discendenza, spiega perché non ci sarà di fatto alcuna brexit e perché, se riusciremo a riconciliare la visione profetica e l’intelligenza rivoluzionaria, questa propaggine del sole che va ad occidente si illuminerà.

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