I MISERABILI patrimonio e patrimoniale: il totem e il tabù della società attuale – di Gian Luigi Deiana

I MISERABILI
patrimonio e patrimoniale: il totem e il tabù della società attuale

di Gian Luigi Deiana

 

Il fatto è noto, è innocuo ed è semplicissimo: due deputati del parlamento italiano hanno presentato un emendamento ad un aggiustamento di bilancio necessitato dall’emergenza covid, in cui si propone una tassazione dello 0,2 per cento sui patrimoni superiori a cinquecentomila euro: si tratterebbe, per avere una misura, di mille euro su un imponibile di cinquecentomila.

Zero euro per patrimoni minori, da quattrocentonovantanovemila in giù: con quattrocentomila euro sei non ricco, magari quasi povero.

È evidente che per i pochi eventualmente obbligati sarebbe meno che un minuto di solletico, giusto il sacrificio di grattarsi per una manciata di secondi, eppure si è immediatamente scatenata una specie di guerra civile, con in scena un fronte rabbioso dei favorevoli e un fronte rabbioso dei contrari.

Fin qui è tutto un abbaiare che dà tanta soddisfazione ai contendenti, ma che non serve a niente per una risoluzione moralmente giusta ed economicamente avveduta dal punto di vista dell’interesse generale.

È infatti scontato che uno come me a reddito medio basso si schieri immediatamente nel fronte di chi esige che paghino i ricchi in quanto detentori di grandi patrimoni, poichè quelli come me a reddito medio basso le tasse le pagano già e “non dobbiamo essere sempre noi a pagare per tutti“.

Ma su un tale posizionamento, che ritengo giustissimo ma sterile con gli attuali rapporti di forza, io sono d’accordo solo a metà, e precisamente per due aspetti: primo, una tassazione che gravi solo sui redditi senza gravare sui patrimoni è una BARBARIE che ci riporta indietro di quattromila anni.

Secondo, l’arroccamento sulla franchigia fiscale dei gradi patrimoni qualifica la parte ricca di questa società come antropologicamente MISERABILE.

Fin qui d’accordo: tuttavia questo personale fondatissimo convincimento non serve a niente da un punto di vista pratico, quello di far soccombere lo schieramento avverso in questa silente interminabile guerra civile.

Come per ogni guerra civile infatti, per capirne l’arcano, è necessario darsi conto sia del conflitto materiale sia del trinceramento psichico con cui si armano le due parti.

Il punto di conflitto è l’opposizione redditi-patrimoni, o più genericamente lavoro-rendita.

Il trinceramento psichico è dato invece dalla primordiale e universale connessione fra il totem e il tabù, ovvero l’intoccabile, e la proibizione a toccarlo.

Il sacro che si erge come oggi intoccabile è, peggio che al tempo dei Faraoni, il grande patrimonio, e per riflesso illusorio e disarmato, il piccolo “reddito fisso”.

L’emendamento scandalo proposto dai due parlamentari corrisponde quindi alla distruzione degli idoli decisa da Abramo quattromila anni fa, è cioè nel suo piccolo a una dichiarazione che può trasformare la guerra silente in guerra dichiarata: pur minima, è un’ ottima cosa.

Tuttavia essa rischia di restare inconcludente o confusa, a causa del fatto che tutta la parte di società a reddito medio-basso annuncia la propria refrattarietà ad una eventuale tassazione straordinaria motivata dall’emergenza, e in nome di cosa?

In nome del ‘proprio’ sacro: piccolo, ma pur sempre il “mio” totem.

Per darci una misura, se io che ho sempre avuto un reddito “garantito” fossi assoggettato oggi a un contributo di solidarietà dello 0,2 per cento nei confronti di chi è “non garantito” (piccole partite iva, ristori ecc.) dovrei pagare al fisco circa sessanta euro: sessanta euro.

È più o meno come una multa per divieto di sosta o un pneumatico usato, eppure io no! e perchè?

Perchè il mio reddito che è di già tassato è sacro.

Essere garantito e non cedere di un millimetro è il mio titolo totemico ed è la mia trincea.

Ma davvero, la mia guerra per questo?

La confusione dei totem è sempre gravida di sventura, ed in genere sono i totem più piccoli ad essere stritolati per primi: infatti giocoforza i nuovi arrivati nella parte della società oggi in rotta, i declassati e non più garantiti, sono portati a individuare nei penultimi, cioè quelli come me garantiti a reddito fisso, il loro nemico, col risultato che i primi, i veri ricchi, trovano comodissima la strada politica di fare dei declassati il loro alleato nella guerra civile.

Dunque, che fare?

Secondo me un qualche partito politico o intellettuale deve costruire con forza e con la pazienza di un ragno una tela anche concettuale, in cui si assodino due distinti piani di intervento fiscale: primo, l’imposta patrimoniale deve entrare come elemento “strutturale e permanente” della tassazione e deve riguardare i grandi patrimoni.

Secondo, l’imposta di sosolidarietà Covid deve entrare come elemento “emergenziale e temporaneo” della tassazione e deve riguardare i redditi garantiti, quelli come il mio.

Distinguere tra “strutturale” ed “emergenziale”, e connettere i due capi come do ut des, è essenziale per puntare su un risultato concreto.

Altrimenti devo provvedere da me, ma questa non è civiltà, è carità della barbarie.

 

Io non voglio essere un miserabile.

 

 

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