IL CAVALLO DI TROIAN: la scuola nel brodo di DaD – di Gian Luigi Deiana
IL CAVALLO DI TROIAN
la scuola nel brodo di DaD
di Gian Luigi Deiana
La sospensione forzata delle attività scolastiche, praticamente a tempo indeterminato, ha creato un vuoto indefinito sulla norma ed una confusione generalizzata sulla prassi.
Probabilmente quando i greci di Agamennone decisero di sospendere l’assedio alle mura di Troia si verificò all’interno della città una situazione di incertezza simile, che gli assedianti sfruttarono immediatamente presentando in dono agli abitanti il celebre cavallo.
La città aprì le porte, e fu distrutta.
L’autore dell’inganno era certamente mosso da positive intenzioni, anche perchè quello appariva ormai come l’unico modo per porre fine alla guerra.
Ma a cose fatte non ne ricavò alcuna intima soddisfazione: tornò per un poco in patria, e di lì a poco abbandonò quel mondo che non riconosceva più, ed era il più intelligente di tutti i greci.
Il dono che viene presentato alla cittadella della scuola italiana assediata dall’epidemia è molto più sofisticato di un cavallo di legno, anche se la guida che lo tiene per mano è visibilmente meno avveduta e meno sincera del nobile Ulisse.
Il cavallo si chiama D.a.D., che sta per Didattica a Distanza, e la sua fatua guida è la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, che nella vita mortale è una comune funzionaria rampante, infatuata di una occasione troppo ghiotta per il suo plateale rampare.
La DaD presenta come tutti i dadi da brodo sei facce: le quattro facce laterali le conoscono tutti e sono la scuola materna, elementare, media inferiore e secondaria di secondo grado.
La faccia superiore del dado è quella con cui insegnanti, studenti e genitori hanno a che fare ora per ora e che cercano di interpretare in queste convulse settimane di sospensione, di fronte a disposizioni ministeriali sostanzialmente illegali.
Ma è la faccia inferiore, quella nascosta, che invece contiene la vera essenza del brodo che verrà, quando le porte della cittadella scolastica saranno riaperte: il brodo digitale che si prepara alla conquista del mondo della scuola in quanto tale, attraverso una rete di piattaforme onnipotenti e pedagogicamente morte.
La guida in pectore, cioè la ministra Azzolina, si profonde da settimane in avances melliflue del tutto inusuali per un ministro: espressioni quali “ciao a tutti” oppure “i miei studenti” suonano pesantemente come modi da stalking.
Infatti si dice buon giorno, e i miei studenti lo dici a quelli del tuo registro di classe o ai tuoi pelouches.
Ministra, nun t’allargà.
Ma cosa porta in groppa il cavallo, e cosa porta nascosto in pancia? Esso porta in groppa e in piena vista soluzioni apparentemente avvenenti finalizzate a gestire con una parvenza di legalità e una promessa di efficacia le ultime settimane di questo sfortunato anno scolastico.
Una parvenza e una promessa sovraccariche di ambiguità e contraffazioni fino all’assurdo: alla lettera le lezioni sono sospese, ma nel mentre si conta “giustamente” su un impegno assiduo degli insegnanti nel guidare da casa il lavoro domestico degli alunni. Altrettanto “giustamente” si fa appello ai presidi affinchè si adoperino per coordinare e facilitare questo surrogato di scuola.
Altrettanto “giustamente” si impegna il ministero a provvedere per le necessità a ciò contingenti.
Tutto giusto, ma la parte tossica del dado è nel dettaglio, che è nascosto nelle viscere del grande cavallo internautico.
In primo luogo: la sospensione del calendario non comporta necessariamente la sospensione della didattica, infatti in genere gli insegnanti continuano a insegnare e gli studenti continuano a studiare.
Comporta invece per causa di forza maggiore una sospensione dei programmi pianificati a inizio anno ed un auspicabile riorientamento dei contenuti didattici.
Un riorientamento attento alle motivazioni personali degli alunni, troppo spesso ignorate dalla gabbia programmatoria.
Attento alla variegata logistica digitale in famiglia, tanto spesso improba da adeguare in seno a spazi domestici difficili.
Attento all’equilibrio nei carichi proposti dai diversi docenti tra le singole materie ecc..
Ad invece si assiste ad una convulsa accelerazione programmatoria, una ostinata prassi interrogatoria, una condensazione della modalità frontale in paranoie collettive su schermo ecc..
Un trionfo dell’ansia casa per casa in una situazione psicologica interna alle mura domestiche spesso ai limiti di guardia.
Un trionfo della tetraggine invalsa in docenze deviate dal compito di un dialogo pedagogico reale.
Un trionfo della sindrome autoritaria invalsa nella corporazione e nell’aura delle dirigenze scolastiche.
E infine un patetico e pericoloso egotismo della ministra in carica, essa sì cavalcata da una burocrazia ministeriale cinica, un cartello di businness high tech e una corporazione di dirigenti scolastici mediocre come non mai: è la scena di un trionfo caotico in una generale congiuntura di rovina.
In fondo è una pandemia, questa, non una fiera in cui ai venditori possa essere concesso di presentarsi come missionari.
In secondo luogo: il movente segreto, ma neanche più tanto segreto di questa intensità di pressioni dettate dalla difficile contingenza non sta in realtà nella contingenza, ma sta nel dopo.
Usare cioè questo campo di tregenda per consentire alle forze nascoste nella pancia del cavallo di uscire una a una allo scoperto e prendere il controllo di tutte le posizioni, dalla cabina di comando a tutte le piattaforme sul campo, proprio nel tempo di eccezione in cui la scuola è sguarnita.
Nessun organo collegiale di rango istituzionale, nessun confronto sindacale, nessuna ponderazione pubblica è ammessa: il digitale è l’arca della salvezza, e l’infatuazione della sua patetica Giovanna D’arco la sua dottrina.
In conclusione: sostituire al principio della libertà di insegnamento il principio di funzionalità della piattaforma.
Si tratta cioè di riconfigurare l’intero sistema dell’istruzione pubblica secondo i criteri della funzionalità, abilità, competenza, purchè a misura della macchina.
Entra in scena così il piattaformismo puro, in forma di una contropedagogia orientata al pieno sviluppo dell’impersonalità: la fatua ministra dell’istruzione, ultima di una successione penosa che dura ormai da quasi trent’anni alla guida del ministero, ne appare oggi il compiuto ritratto.