LIBERARE LA LIBERAZIONE (i nodi irrisolti del 25 aprile)

anche in questa splendida primavera capita, come ogni anno, di fare a pugni con le nuvole fastidiose della festa italiana della liberazione; le nuvole dispettose sono come i cagnetti che ti si appiccicano alle caviglie sentendosi in diritto di mordicchiare i tuoi calzoni e rivendicando la comproprietà del luogo dove cammini; sono nuvole in libera uscita, la cui unica ragione di esistenza sta nell’importunare la chiarezza del cielo e il libero sventolio dei panni stesi e delle bandiere che aspirano all’innocenza;

tale è, come ogni volta, la malcelata tristezza della bandiera italiana nel giorno della sua festa di redenzione, quella del 25 aprile; quest’anno le nubi sono costituite, in primo luogo, dallo smog ostinato del vecchio governo, tenuto a galla per quattro anni da una sinistra bonaccia di destra, e dalla nebulosità del nuovo parlamento, varato un mese fa sull’asserita insignificanza dell’antifascismo; in secondo luogo dalla presumibile presenza, nelle manifestazioni ufficiali, di partiti gonfiati dalla propaganda contro i migranti; in terzo luogo dalla sicura presenza, nei cortei delle grandi città, di agenti di propaganda dello stato di israele sotto le insegne di quella che fu, nella resistenza italiana, la brigata ebraica; in quarto luogo dalla centralità rituale della ministra della difesa e dalle cariche militari, che passano gli altri 364 giorni dell’anno a muovere pedine sulle cosiddette missioni di pace, a trattare vendite di armi a paesi in guerra, a supportare di soppiatto le spedizioni militari di paesi alleati e ovviamente a testare, sperimentare e far brillare tutto questo soprattutto nei poligoni della sardegna;

ecco qua alcuni dei protagonisti sicuri della festa della resistenza italiana: gli altri sono ovviamente le associazioni partigiane, le formazioni antifasciste, le militanze della sinistra, la solidarietà palestinese, la solidarietà curda, e infine i movimenti pacifisti: così il generoso sole della primavera potrà baciare insieme coccarde partigiane e bianchezze pentastellate, stelle di davide e bandiere palestinesi, dimonios della brigata sassari e arcobaleni della pace, altere pinotti e tshirt di ocalan ecc, così come la povera vergine maria, a volte, è portata a spalla dalle processioni a fare fare gli inchini sotto le finestre dei boss;

e io?

io festeggio sempre il 25 aprile: nel dare senso a questo giorno non sono io ad essere fuori posto; la presenza di tutte quelle oscenità non giustifica la decisione di starsene fuori: questa è la giornata della memoria partigiana, non l’avanspettacolo della politica presente: non è qui che si impone l’obbligo di disertare, qui si impone invece l’obbligo della presenza militante; non vi è ragione di fronteggiarsi o di contarsi con posizioni avverse: si sta sui simboli, e la significanza dei simboli è affidata alla presenza e alla durata, al presente e al tempo; la condizione che muove ogni possibile bandiera non è la terra di qualcuno, o la nazione di qualcun altro, o la frontiera fra i due: è il vento;

una stella di davide in una giornata come questa è una doppiezza col suo prezzo non solo per chi la subisce, ma soprattutto per chi la porta: una rivendicazione antifascista che pone la domanda al fascismo di netaniahu; la ministra pinotti con la borsetta e la messa in piega non può evitare le sembianze dell’arabia saudita e sentirsele cucite addosso dallo sguardo di chiunque la osservi durante la parata; e il tricolore italiano, per i sardi, non è solo la bandiera del dominatore: è anche l’immensa inenarrabile vicenda delle centinaia di soldati nostri padri che sono entrati nelle bande dopo l’otto settembre: chi deve incarnare oggi la loro memoria?

è nella natura di tutte le feste, in forza del loro simbolismo, aspirare alla purezza avendo coscienza dell’impurità: non è un nodo che si possa disertare in modo manicheo, è invece un nodo che è necessario affrontare perché la sua verità ne sia un giorno pienamente liberata ((ricorro a due poesie)):

da tutti gli imbecilli d’ ogni razza e colore,
dai sacri sanfedisti e da quel loro odore,
dai pazzi giacobini e dal loro bruciore,
da visionari e martiri dell’ odio e del terrore,
da chi ti paradisa dicendo “è per amore”,
dai manichei che ti urlano “o con noi o traditore!”,
libera, libera, libera, libera nos domine!

se la mia voce morisse sulla terra
portatela al livello del mare
e lasciatela sulla spiaggia;
portatela al livello del mare
e nominatela capitana
di un bianco vascello da guerra;
oh! la mia voce decorata
con le insegne marinaresche:
sopra il cuore un’ancora
sopra l’ancora una stella
e sopra la stella il vento
e sopra il vento una vela

Gian Luigi Deiana

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