NEWROZ: UNA PRIMAVERA PER IL MEDIO ORIENTE – di Gian Luigi Deiana

IL  NEWROZ  fissa nell’equinozio di primavera l’inizio di ogni nuovo anno, fin dai tempi più antichi del mondo persiano e dei popoli che lo hanno abitato; è insieme una festa del popolo e della terra, identitaria e religiosa, profana e sacra, che individua la propria sacralità nella riforma religiosa di Zarathustra. Nella tragica storia medio-orientale il suo ricorrere stagionale ha segnato innumerevoli volte la catastrofe e la rinascita, il pericolo dell’annientamento e la speranza della liberazione. Questo nuovo anno di guerra, il 2017 dell’era cristiana ovvero il 1438 del calendario islamico, mostra nelle rovine dell’antica Mesopotamia e nella biblica via di Damasco lo scenario di una primavera che appare sempre più impossibile.

ABDULLAH OCALAN è stato fino al giorno della sua cattura, avvenuta in Kenia il 15 febbraio del 1999, il capo del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan; questa organizzazione, fondata appena venti anni prima nel Kurdistan turco, aveva raggiunto in breve tempo una dimensione di consenso e una capacità politica e militare tali da allarmare non solo lo stato turco ma tutti i governi occidentali interessati a preservare con ogni mezzo il controllo imperialistico di tutto il Medio Oriente: un controllo divenuto particolarmente precario negli ultimi decenni sia per l’evoluzione della politica iraniana sia per gli esiti della prima guerra del Golfo. Il complotto internazionale ordito per spegnere la voce di Ocalan ha visto all’opera per almeno quattro mesi governi e cancellerie, ambasciate, servizi segreti e apparati occulti di mezzo mondo agli ordini del presidente americano Bill Clinton; tuttavia la condanna a morte di Ocalan, pur sopraggiunta con una giurisprudenza a orologeria, è stata sospesa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nell’estate del 1999: il cappio non ha potuto spegnere quella voce. Essa, come del resto quella del suo popolo, resta comunque una voce prigioniera: e tuttavia, in sede storica, sono proprio le voci prigioniere quelle su cui si deve misurare la verità.

UN MONDO SENZA VERITA’. La lotta di Abdullah Ocalan per la verità è indirizzata alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: potrebbe sembrare l’usuale ricorso di un imputato ad uno strumento di utilità processuale, ma non è affatto così. Attraverso la Corte Ocalan si rivolge al proprio popolo, si rivolge all’Occidente e si rivolge alla Storia: la sua lotta per la verità assume quindi la dimensione di una grande visione storica e di una concezione filosofica profonda: e di fatto è anzitutto su questo che si deve misurare una lotta per la verità. Questa sua opera fu consegnata alla Corte due anni dopo la sua cattura, nell’aprile del 2001. Pochi mesi dopo, con l’attentato dell’11 settembre, lo scenario era destinato a mutare radicalmente: con la plateale menzogna di Colin Powell alle Nazioni Unite sulle armi di distruzione di massa iniziava la guerra in Iraq. Quella che con tragica metafora Saddam Hussein aveva definito “la madre” di tutte le battaglie, e che con cieca stupidità George Bush aveva  annunciato come “il Nuovo Ordine Mondiale”, ha disseminato in medio oriente in questi ultimi quindici anni decine di conflitti regionali, migliaia di bombe e centinaia di migliaia di morti, con tutto il corredo di mutilati, di profughi e di ricadute razziste nell’intero Occidente. Il Newroz di questo equinozio di primavera, nel 2017, conta sul terreno tra le case distrutte e i fiori disseccati le immagini di uomini, donne e bambini straziati dai gas. E come sempre in questi casi, inizia tra i mentitori il triste valzer delle accuse, ovvero il balletto osceno della “verità”.

NASCITA DELLA CIVILTA’.  La tesi fondamentale di Ocalan, fedele in questo alla lezione dello storico greco Erodoto sul concetto di “verità”, consiste nella necessità di non prescindere mai dalla conoscenza e dalla coscienza di quello che è stato l’inizio: e l’inizio, inteso come l’inizio di tutta la storia, consiste (secondo Ocalan) nella prima forma di vita sociale organizzata costituitasi nella Mesopotamia settentrionale circa diecimila anni fa. La rivoluzione neolitica, le prime confederazioni tribali, la nascita dell’agricoltura, la miscela demografica dei Sumeri, la prima formazione di classi proprietarie, il passaggio dalle forme animistiche di mitologia a una religione diretta dal tempio, la pianificazione schiavistica dell’economia, le guerre per i metalli, l’imperialismo militare di Sargon ecc. costituiscono l’orditura primaria di tutto il processo storico che ne sarebbe poi conseguito. E ogni volta, quando il carico di sopraffazione diventava insostenibile, l’Oriente ha saputo opporre come prima forma di resistenza un elemento etico irrinunciabile e radicale: il Profetismo.

PROFETISMO.  Il profeta non è affatto un sacerdote, ne costituisce anzi una antitesi radicale; il suo rapporto col divino parte sempre dall’umano e specificamente dal ripudio dello sfruttamento e dalla necessità della liberazione. Il profeta è l’uomo che coltiva la speranza in tutto il popolo. In particolare Ocalan attribuisce alla figura di Abramo una rilevanza storica fondativa, per tutto il corso della civiltà, nella concettualizzazione liberante del divino; ed attribuisce alla figura di Zarathustra una rilevanza storica ugualmente fondativa, per la storia e per l’identità medio orientale fino ad oggi, nella concettualizzazione della libertà individuale. L’idea del divino come liberazione dall’oppressione e l’idea dell’umano come libera volontà sono il lascito del profetismo ed Abramo e Zarathustra, come Isaia o come Mani, ne sono le figure emblematiche. E’ per tale ragione che le grandi religioni universalistiche, nate all’inizio e alla fine dell’immenso ordinamento schiavistico rappresentato dall’Impero Romano, cioè la religione di Gesù e la religione di Maometto, non avrebbero potuto prendere forma altrove se non in Medio Oriente. La civiltà ha trovato nel profetismo la ragione antica del superamento della stessa schiavitù religiosa, come ha maturato essenzialmente nel profetismo il proprio orizzonte etico e la propria intelligenza storica. La civiltà trova nel Profetismo l’embrione stesso dell’Umanesimo; e nelle epoche di crisi (quale quella in cui è precipitato il mondo e soprattutto il Medio Oriente oggi)  affida al Profetismo la salvezza estrema dell’Umanesimo stesso.

UMANESIMO. La tesi conseguente proposta da Ocalan pone il problema del perché il Profetismo sia rimasto un fenomeno storico essenzialmente orientale mentre l’Umanesimo si sia costituito come un fenomeno storico essenzialmente occidentale. In termini più estremi, perché l’Oriente abbia avuto un Profetismo che non è maturato come Umanesimo e perché l’ Occidente abbia maturato l’Umanesimo senza avere nel suo germoglio il  Profetismo. Questa doppia contraddizione è di fondamentale importanza per la comprensione della dialettica storica, ovvero per la comprensione del carattere autoprogressivo delle contraddizioni reali. Ocalan spiega che la prima forma storica dell’Umanesimo si venne a costituire in Grecia, e specificamente nello stesso frangente storico della predicazione profetica di Zarathustra, il profeta della libera volontà e dell’identità individuale; e tuttavia il mondo greco non incontrò Zarathustra, e non lo incontrò in quanto la direttrice imperialistica del colonialismo greco nel Vicino Oriente entrava in diretto e radicale conflitto con il mondo persiano. I Greci presero tutto dall’Oriente, dai fondamenti della matematica ai propri dei, ma grazie alla struttura aperta della loro società ne realizzarono un superamento talmente forte e talmente originale da comportare nei confronti della madre orientale una irreversibile frattura. Qui, nell’umanesimo della prima filosofia greca e nella democrazia delle prime città greche, si pone il primo epocale divario tra Oriente e Occidente. A questo seguì il grande contributo della romanità, che non consiste tanto in una grande coltivazione umanistica, peraltro difficile in un impero a base schiavistica e militare, quanto nella genesi e nella giustificazione del diritto (il Diritto, inteso come la regolazione giuridica dei rapporti sociali relativamente alle forze sociali tout court piuttosto che alla tradizione o agli dei). E’ poi vero che le forme schiavistiche di organizzazione sociale e poi le forme servili di un interminabile Medio Evo frenarono anche in Occidente il processo espansivo dell’Umanesimo greco come anche il processo evolutivo del Diritto romano, ma è altrettanto vero che in Occidente il Medio Evo ha poi avuto fine: ciò che è avvenuto in Europa cinque secoli fa, cioè un mutamento generale del panorama delle forze produttive indotto dal progresso scientifico e tecnico, ha spalancato in Occidente il nuovo orizzonte del Rinascimento e della riforma generale di tutta la società. Il Medio Oriente invece, quanto più procedeva nella unificazione geografica indotta dall’Islam, tanto più sprofondava negli identitarismi dogmatici, sia religiosi che tribali, funzionali ad una perpetuazione della struttura servile dell’intera società al servizio di oligarchie: sprofondava cioè in un Medio Evo senza fine.

MARXISMO.  La tesi conseguente di Ocalan riguarda la modernità e infine il mondo contemporaneo; riguarda quindi anche il futuro, ovvero la direzione verso cui indirizzare le possibilità di azione della politica. Per quanto la posizione di Ocalan nei confronti di Marx e soprattutto dello scolasticismo marxista sia estremamente critica, in termini di metodo e di costruzione teorica essa resta del tutto interna alla concezione rivoluzionaria propria del comunismo. Ocalan prosegue qui l’analisi della contraddizione Oriente-Occidente e osserva, in primo luogo, che il cammino storico progressivo indotto in Occidente dalla rivoluzione umanistica è stato bloccato dal capitalismo; per tale ragione i risultati reali della primavera dell’illuminismo, consistenti negli straordinari progressi della scienza e della tecnica, in forza del loro uso perverso si stanno rivelando ogni giorno di più nel loro potenziale mostruoso e antiumano. L’imperialismo, esito obbligato e cieco di questo autismo dell’economia e dell’organizzazione della vita materiale e spirituale, ha di conseguenza investito tutto il mondo di questa malattia, la malattia autoimmune dell’Occidente. In particolare ne ha investito il Medio Oriente, riaprendo a parti invertite la frattura epocale sopravvenuta venticinque secoli fa tra i Greci e i Persiani. Allora fu l’occidente greco a produrre il superamento di una condizione storica ormai ferma nel grande Medio Oriente; e così oggi, a parti invertite, il futuro chiede al Medio Oriente di rendere possibile, con la propria rivoluzione e con la propria salvezza, anche la salvezza dell’Occidente. Ocalan è persuaso che la corsa folle imposta dalla macchina del capitale non potrà essere fermata con un processo politico interno al mondo capitalistico stesso, o almeno che ciò non possa avvenire prima che eventi di carattere catastrofico sull’ambiente e sui popoli si siano realizzati; e dunque è la Storia stessa che nella sua logica impone il percorso necessario: è di nuovo compito del Profetismo costruire l’ancora di salvezza dell’Umanesimo. Vi è però una condizione: che il Medio Oriente di oggi sappia essere all’altezza del suo grande passato, sappia finalmente accendere il suo Rinascimento, la sua Riforma e il suo Illuminismo. Che il Medio Oriente, in tutte le componenti etniche che ne hanno segnato la storia, sappia superare le ancestrali consuetudini tribali, i dogmatismi confessionali e gli inganni dei propri nazionalismi; che sappia smascherare la connessione perversa tra gli interessi imperialistici del capitale e gli interessi di classe delle oligarchie nazionali locali. Che cioè sappia entrare realmente nell’epoca della democrazia.

IL  POPOLO  KURDO.  In questa visione storica il compito del popolo kurdo è assolutamente particolare: non dovendo rendere conto alla ragion di stato, non avendo un proprio stato, il popolo kurdo è forse l’unica entità storica in grado di cominciare a sperimentare una democrazia sgravata del carico stesso dello stato e delle sue logiche autoconservative. Le varie componenti kurde devono saper essere leali nell’ambito di ciascuno stato nella misura in cui esse sono riconosciute, e nella misura in cui sono rispettate in condizione costituzionale di uguaglianza di diritti e di parità sociale. Questo impone loro da un lato di organizzare il diritto alla resistenza armata laddove i diritti fondamentali non vengano riconosciuti, e dall’altro di organizzare il progresso democratico di ciascuno stato di cui sono cittadini, a partire dall’organizzazione democratica della società civile. In questa unicità storica il popolo kurdo, che si trova nel centro della nascita della storia umana ed insieme nel centro della sua attuale catastrofe, è chiamato ad essere protagonista, in una volta, sia del profetismo che della rivoluzione.

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NEL GREMBO DELLA RELIGIONE.  La riflessione storica e filosofica di Ocalan è contenuta nel primo dei suoi saggi carcerari, intitolato Gli eredi di Gigamesh. Essendo presentato come “appello” all’Europa nella forma giuridica di ricorso alla Corte per i Diritti dell’Uomo, già nella prima pagina Ocalan afferma che è come se la vecchia madre (il Medio Oriente da cui è nata tutta la storia della civiltà) si presenti a chiedere giustizia ai suoi figli da tanto tempo immemori di lei. Stando a questa dolorosa metafora, il seno di questa madre ha nutrito per millenni l’umanità, secondo Ocalan, non solo con la progressione dell’organizzazione produttiva e sociale ma anche con le sovrastrutture intellettuali e religiose: l’Europa è integralmente figlia del Medio Oriente sia dal punto di vista materiale che dal punto di vista spirituale. Ocalan, in modo evidente grande conoscitore di Hegel e grande estimatore di Gramsci, dedica la parte “essenziale” della sua riflessione proprio all’eredità spirituale che l’Europa ha ricevuto nel corso di tremila anni, cioè a ciò che nel lessico marxiano è indicato come “la sovrastruttura”. Giustifica questa opzione interpretativa, eretica per la scolastica marxista, in quanto ritiene che il legame sociale fondamentale che tiene insieme i gruppi umani è l’identità ideologica. Ora, da un punto di vista propriamente storico, la sostanza prima e ineliminabile dell’ identità ideologica (di tribù, etnie, nazioni, popoli e degli individui che ne fanno parte) è la religione.

 
LA  RADICE  RIVOLUZIONARIA  DELLE  RELIGIONI.  Ocalan spiega che la transizione dalle mitologie animistiche del neolitico all’ istituzione cultuale dei templi (dalle deità femminili alle teogonie maschili ai re-dei ecc.) è avvenuta nella società dei Sumeri. L’irrigidimento della condizione schiavistica che si determinò nella fase apicale del sistema sociale sumerico, cioè nel periodo accadico e assiro, provocò la ribellione dei gruppi etnici ad esso marginali, e in specie la ribellione ai riti dei sacrifici umani e quindi la distruzione degli idoli: ciò avvenne nell’epoca di Hammurabi (1700 a.C.) e diede luogo a due varianti: la linea di profetismo di etnie ariane insediate nella montagna (che porta dal mito del fabbro ribelle, Kawa, alla predicazione di Zarathustra) e la linea di profetismo di tribù semitiche prossime ai deserti (che porta dalla distruzione degli idoli da parte di Abramo alle Tavole della Legge). Ciò che caratterizza ambedue i casi non è soltanto la radice sociale della rivoluzione religiosa, ma anche e soprattutto il salto psichico da una immagine degli dei configurata da attribuzioni concrete, ad una concettualizzazione di Dio in cui si astrae e si unifica ogni idea valoriale di salvezza (giustizia, misericordia, ecc.). Gesù e Maometto non faranno che replicare questo schema, accentuandone al massimo grado non solo la radice di rivoluzione sociale, ma anche l’astrazione monoteistica e la destinazione universalistica: Gesù in riferimento all’ordine schiavistico e all’occupazione militare romana in Palestina e Maometto in riferimento allo sfruttamento esercitato dalle oligarchie urbane sulle tribù beduine.

MOSE’, GESU’ DI NAZARETH E MAOMETTO.  Ocalan mostra grande ammirazione per la predicazione di Zarathustra, in quanto massimo profeta della libera individualità e di un’etica fondata sull’amorevolezza; tuttavia la portata propriamente storica delle grandi religioni non si attua nell’ambito delle tribù ariane in cui visse Zarathustra, ma si realizza nell’ambito di popolazioni semitiche segnate da un retroterra storico di nomadismo, o di rapporto tra deserti e centri di società sedentaria. Per tali ragioni egli ritiene indispensabile la comprensione del rapporto tra il principio di scambio (connaturato al commercio) e il rapporto del dare e del ricevere rispetto a Dio. In Mosè è evidente la limitatezza del “dare” di Dio e la sua condizione obbligata (il riconoscimento dell’ unicità di Dio,  l’ubbidienza alla “sua” legge, il sacrificio, il tempio ecc.) e quindi la sua limitazione a un popolo “eletto” per Lui ma perennemente esule all’interno di altri popoli. In Gesù (“chiedete e vi sarà dato”) l’orizzonte spirituale della beatitudine deriva invece “come tale” dalla condizione esistenziale del povero, che è chiamato a viverla nell’edificazione del prossimo e in una prospettiva di universalità.  In Maometto il vincolo dello scambio è rimarcato invece nel principio assoluto della condotta, la “dedizione”, virtualmente senza limite nei confronti di Dio. (Peraltro Ocalan rimarca, in altre parti della trattazione, la forma umanamente più desiderabile dello scambio sociale formulata a suo tempo da Marx per la società comunista: “da ciascuno secondo le proprie capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”: che vi sia anche nell’enfasi marxiana una eco del profetismo, è cosa abbastanza evidente).

L’ ISTITUZIONALIZZAZIONE  CONTRORIVOLUZIONARIA  DELLE RELIGIONI.  Ocalan segue analiticamente la metamorfosi delle grandi religioni dalla loro fase profetica, sempre rivoluzionaria, alla fase della loro istituzionalizzazione, sempre controrivoluzionaria. In nuce questa valutazione fu già presente negli scritti filosofici giovanili di Hegel come anche del giovane Marx; ma Ocalan delinea un’ originale comparazione storica fra le tre vicende in esame, soffermandosi sia sui modi dell’istituzionalizzazione del Cristianesimo (da Costantino al Medio Evo) sia sui modi dell’istituzionalizzazione dell’Islam (da Muawia all’impero Abbaside): la stagnazione delle forme sociali dell’epoca feudale,  la loro diversa forza e la loro diversa durata fra Oriente e Occidente sono esaminate con attenta cura, in quanto è da questa struttura istituzionale che viene impedito l’accesso all’Umanesimo, che resta la strada obbligata per rendere storicamente possibile una società universalmente umana. E in particolare per i popoli del Medio Oriente, afferma Ocalan, questo significa che il presupposto di ogni rivoluzione consiste, oggi più che mai,  nella capacità di sferrare l’attacco contro la gabbia dogmatica e istituzionale della religione stessa.

IDENTITA’  IDEOLOGICA  E  LIBERA  INDIVIDUALITA’.  Posto che l’umanità ha impiegato “centomila anni” per rendere possibile la socialità umana, e che il legame sociale che da diecimila anni tiene in vita l’umanità è l’identità ideologica (cioè la consapevolezza collettiva di una appartenenza sociale); posto che la pienezza dell’essere umano sta soltanto per una sua parte nell’appartenenza, ma per una parte altrettanto essenziale sta nella libera individualità, il compito della Storia consiste nel giudicare quanto siano rispettate le appartenenze (in primis le etnie, le lingue madri ecc.) e quanto sia promossa l’individualità (la libera volontà, il rispetto ecc.). Il momento storico che stiamo vivendo oggi presenta un quadro drammatico nel quale l’Occidente è parassitato da un capitalismo al suo zenit e al suo prossimo declino, pervasivo al punto che nutre l’individualismo solo per renderlo sempre più obeso e asociale, mentre il Medio Oriente mutila l’individualità in nome di dogmi nazionalistici maniacali, tanto distruttivi nelle guerre fratricide quanto ridotti alla funzione di “manichini” nello stesso risiko imperialistico occidentale. Un mondo in cui il cerchio rischia di chiudersi, poiché forze imponenti convergono per fare della vecchia madre il manichino di un figlio cieco.

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