di Gian Luigi Deiana
Due eventi simultanei in queste ore hanno attraversato senza bussare i cancelletti del resto a casa, entrando dagli schermi in quanto non è possibile entrare dalla porta nè dalle finestre: una inchiesta televisiva sull’attacco dell’estrema destra di tutto l’occidente contro papa Bergoglio e il responso dei mercati sul prezzo del petrolio.
C’è un legame sotteso o soltanto una pura coincidenza nella somultaneità di questi due eventi?
Apparentemente si tratta infatti solo di una coincidenza, se se ne considera la straordinaria simultaneità dal punto di vista dell’irruzione sull’opinione pubblica.
L’opinione pubblica infatti non è oggi una composizione multiforme in tante faccende affacendata, è invece un immenso organismo planetario concentrato in ogni sua cellula sulla necessità di superare l’immobilizzazione determinata dalla pandemia, la più imprevedibile e la più paurosa delle pandemie della storia.
La vicenda che investe Bergoglio e il tracollo del prezzo del petrolio vengono quindi percepite, in una tale condizione di sbigottimento, come due dati sconcertanti e coincidenti per caso, ma tutto sommato episodici.
Ma è davvero così?
Niente affatto: lo scivolamento del prezzo del petrolio verso un indice prossimo allo zero era conclamato da molte settimane ben prima della comparsa del covid, e da mesi il suo approssimarsi stava scaraventando per aria tutto il risiko imperialista in medio oriente con tutte le sue guerre e in america latina con tutte le sue lordure.
E non da settimane o da mesi, ma da anni l’estrema destra occidentale, con un deciso contributo dell’estrema destra russa, stava stringendo l’assedio contro questo papa.
Tuttavia Bergoglio, probabilmente per la sua avvedutezza e la sua sensibilità gesuitica per le condotte umane, più probabilmente per una maturazione interna alla chiesa stessa in quanto sacerdozio e in quanto popolo di Dio, oppure semplicemente per la vigile mano dello spirito santo ovvero della buona sorte, è stato capace in questi anni di aprire una nuova visione e nello stesso tempo di rinforzare la saldezza del mondo cattolico: una nuova fede nei valori e una nuova fede in se stessi da parte dei soggetti investiti della missione di praticarli.
Vi sono sfide decisive sulla strada segnata da Bergoglio: il cattolicesimo occidentale registra da anni una sorta di tracollo demografico nella popolazione sacerdotale, in modo del tutto evidente ormai insufficiente a garantirsi come riferimento di una domanda di spiritualità multiforme, confusa ma in crescente vigore.
Perciò attenuare la separazione tra le magistrature del sacro e la vita quotidiana delle persone, tra la chiesa e la strada, è una necessità inscritta nell’ordine delle cose.
E superare il tabu del sacerdozio femminile è, dal punto di vista di un sensibile precristiano quale credo di essere, la breccia decisiva per il contributo futuro del mondo cristiano al nuovo orizzonte di civiltà che deve aprirsi dopo questa catastrofe.
Può dirsi certamente che la guerra pianificata dall’estrema destra contro un papa definito comunista sia solo un fatto di costume che riguarda gli assetti separati del cosiddetto potere spirituale.
E che la chiara posizione militante non più solo di teologi sudamericani o missionari di frontiera, ma soprattutto del quotidiano dei vescovi “Avvenire” e delle reti di solidarietà di strada siano solo una tendenza destinata a mutare con un papa diverso da questo.
Può darsi, ma…
Ma il crack del potere temporale, cioè la fine della centralità del petrolio nell’economia mondiale, non è semplicemente la simbolica biografia spirituale di un papa ormai vecchio, nossignore: è la fine di un mondo materiale al massimo grado, cioè è una crisi di civiltà.
Tutta la storia del novecento è in fondo la storia del petrolio.
Se prescindiamo da questo non siamo in grado di spiegare la prima guerra mondiale e tanto meno la seconda e meno ancora la guerra fredda e le infinite guerre minori fino alle macellerie del golfo e allo strazio dell’Irak, dello Yemen e della Siria.
Si fanno ancora nei tempi programmati gli assemblaggi di F35 e bombe di spaventosa capacità distruttiva, si affamano ancora oggi di embargo e sanzioni interi popoli, e tutto per conservare il monopolio su una risorsa sporca il cui prezzo sul mercato è ormai inferiore a cinque centesimi al litro.
Proviamo a ripetere: un caffè in un bar di paese equivale oggi per il suo prezzo a venticinque litri di greggio.
Il petrolio gode ormai di cattiva fama: nonostante costituisca il controvalore decisivo per il potere internazionale delle destre politiche, delle dottrine imperialiste, delle alleanze militari e del mercato degli armamenti, esso è destinato al ripudio nei processi industriali e nella produzione in genere.
E la produzione, a sua volta, portata a picchi esasperati soprattutto con l’imposizione dell’automobile come protesi incorporata nella vita di ciascuno, registra la saturazione dell’invenduto e cioè l’incubo della sovrapproduzione.
Tre mesi di immobilizzazione del traffico auto e di paralisi delle vendite, in un mondo di metropoli sopraffatto dalle polveri sottili e ormai messo in ginocchio dall’epidemia, non potranno mai più essere riassorbiti in direzione di un ritorno alla situazione di prima.
Ogni cosa riguardante i destini umani, e in primo luogo l’assorbimento della disoccupazione, la razionale fluidificazione dei processi migratori e la conciliazione di ogni ricostruzione con i dettami della natura, dovrà essere ragionata con cura: con “cura”, cioè intelligenza e sensibilità.
Ho orrore di leader politici che a fronte di tutto questo fanno appello in tv al cuore immacolato di Maria invocando che la gente crepi prima di sfidare il mare su vecchie barche, e che recitano con soubrette del mattino eterni riposi ai morti di virus sollecitando l’immediata riapertura delle fabbriche.
Il potere bianco va, sui passi di un papa coraggioso.
Il potere nero sprofonda, macchiando tutti i conti e tutte le previsioni dei mercati azionari: è il passaggio inimmaginabile della crisi di civiltà che stiamo vivendo ora per ora, immobili, alla mercè di potenze tramortite e proprio per questo pericolose.
Una crisi di civiltà che non siamo ancora in grado di pensare, e per la cui illuminazione le esili forze di cui disponiamo, la spiritualità dei bambini, dei poeti, dei giovani, dei vecchi, e di un papa vecchio anche lui, ci sono di qui in poi assolutamente necessarie.