Questi ultimi giorni di confusione – di Marcella Raiola

Sono giorni di confusione e di trepidazione, questi, per la Scuola, e in particolare per i precari, costretti, contro ogni logica, a produrre una “domanda di assunzione” che stravolge le regole di un gioco che li ha visti, finora, sempre perdenti, nonostante le speranze accese dalla sentenza della Corte Europea (26/11/2014), che ha condannato l’Italia per abuso di iterazione di contratto a t.d.
3 ore fa
Sono giorni di confusione, rabbia e trepidazione, questi, per la Scuola, e in particolare per i precari, costretti, contro ogni logica e malamente guidati da una serie infinita di farraginose “FAQ” emanate dal ministero fino all’ultimo giorno utile per la presentazione, a produrre una “domanda di assunzione” che stravolge le regole di un gioco che li ha visti, finora, sempre perdenti, nonostante le speranze accese dalla sentenza della Corte Europea (26/11/2014), che ha condannato l’Italia per abusiva iterazione di contratto a t.d.

La Legge 107, anzi, emanata a colpi di fiducia e “ghigliottinando” gli emendamenti delle opposizioni, trasforma il requisito indicato dall’Europa per far scattare la stabilizzazione, cioè i 36 mesi di servizio prestato, in un fattore di esclusione dal lavoro. A decorrere dal 2016, infatti, i precari che cumuleranno 36 mesi di servizio perderanno ogni diritto ad essere “ingaggiati” (dai presidi)!

La stampa ha montato uno specioso e stucchevole caso sull’uso del termine “deportazione”, che i precari hanno utilizzato, ovviamente con chiaro intento polemico e considerando i numeri del trasferimento di massa organizzato dal governo, per denunciare l’assurda richiesta di elencare, nella “domanda” suddetta, ben 100 città in cui essere trasferiti dal capriccio di un “algoritmo” i cui criteri di assegnazione dei docenti da assumere nelle Fasi B e C non sono ancora chiari.

L’indignazione moralistica di lettori e telespettatori a digiuno di informazioni sui meccanismi del reclutamento scolastico e condizionati dall’abbinamento malizioso delle notizie sulla protesta dei precari a quelle sulla sorte dolorosa dei disgraziati operai sfruttati dai “caporali”, ha ferito ulteriormente i docenti in lotta, insegnanti che hanno alle spalle anche 15 anni di precariato e di attesa in graduatorie provinciali, che si vedono ora gettati in una graduatoria nazionale creata artatamente da un piano di assunzioni basato sulla mobilità selvaggia e sul demansionamento. In Fase “C”, infatti, i docenti non verranno assunti su una cattedra e neppure sulla loro classe di concorso, ma come personale “tappabuchi” e “jolly” (il famoso organico “funzionale”) chiamato a  svolgere funzioni che sarà il dirigente a decidere.

I docenti sardi si sono distinti per la costanza e la forza della protesta, attivando il gruppo “No trolley” e richiamando l’attenzione del paese sull’iniquità di una procedura che proietta migliaia e migliaia di docenti all’altro capo del paese, costringendoli ad abbandonare le famiglie e a sostenere il carico di nuove peregrinazioni, di spese insostenibili e di incognite professionali, considerato che l’incarico ricoperto sarà solo triennale.
A tutto ciò si aggiunge anche l’obbligo, per i “docenti migranti”, di presentare ulteriore domanda di trasferimento obbligatorio entro marzo 2016, per chiedere l’assegnazione ad una scuola inserita nell’ambito territoriale che comprenderà la nuova provincia di “deportazione”
Certamente, un reclutamento su base nazionale attuato con queste modalità non garantisce continuità né qualità alla didattica, frustra umanamente e professionalmente i docenti, penalizza le donne, che al Sud costituiscono il “welfare” dello Stato spesso assente, depaupera il Sud di risorse preziose, specie se si considera che molti docenti hanno maturato esperienze importanti lavorando nelle scuole “di frontiera”, esperienze che andrebbero completamente dissipate, crea sperequazione di trattamento tra precari, dal momento che, rispetto a quelli delle prime Fasi, la 0 e la A, i lavoratori delle Fasi seguenti vengono declassati e spediti lontano dalle loro regioni e sedi.
La partita della Scuola non si è chiusa con l’approvazione forzata della controriforma di Renzi e Giannini. Con il fallimento sostanziale del fantomatico “piano di assunzioni” iniziano ad emergere le criticità della “Buona Scuola” e si inizia a capire che il progetto di ristrutturazione in senso privatistico e aziendalistico della Scuola non “efficientizza” il sistema, ma lo degrada in nome del risparmio e in ragione della necessità di educare gli insegnanti a considerarsi pedine fungibili e fragili nelle mani di onnipotenti dirigenti.
La prima risposta a questo modello inaccettabile di Scuola e di relazione lavorativa verrà elaborata a Bologna, il 6 settembre prossimo, quando si inizierà a discutere del Referendum abrogativo e delle azioni da orchestrare per resistere collegialmente alle nuove direttive.

Marcella Raiola

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