RSU Cobas dell’ITI GIUA assolta con formula piena dall’accusa di diffamazione nella querela intentata da un collega RSU Cgil.

tarI conflitti sindacali non si manifestano tra RSU e Dirigenti, ma anche all’interno delle componenti RSU, sopratutto quando ad una posizione di distanza di una RSU si oppone la piena aderenza alle posizioni dirigenziali da parte delle altre.
In questi anni abbiamo infatti riscontrato che in molte scuole, diverse RSU,  abdicando (a nostro giudizio) al ruolo di rappresentanza del punto di vista e degli interessi degli operatori scolastici, hanno appoggiato la posizione dei dirigenti, e ciò proprio nel momento in cui i comportamenti autocratici si accentuavano. Tali comportamenti si sono verificati quando la riduzione indiscriminata degli organici del personale ha provocato, come logico, un aumento notevole dei carichi di lavoro nelle scuole, sia per il personale ATA (a partire dagli amministrativi, senza risparmiare nessuno) sia per i docenti (sopratutto con l’aumento del numero di alunni, le richieste di differenziazione del lavoro, lo spostamento continuo di sede per molti soprannumerari). E i dirigenti hanno cercato di utilizzare “al meglio” (dal loro punto di vista, ma non dal nostro) il personale in servizio con l’aumento degli orari di lavoro e l’intensificazione senza limiti, per coprire i vuoti del personale mancante o assente.
In generale il personale si è adattato all’aumento dei carichi di lavoro, anche in assenza di retribuzione aggiuntiva, visto che anche il Fondo delle istituzioni scolastiche ha subito un taglio netto. Ma alcuni gruppi, sottoposti a regimi orario o richieste troppo stressanti, hanno cercato di reagire, appoggiato da alcune RSU, ma non da altre, che non volevano affrontare una situazione di conflitto.
Il caso dell’ITI GIUA di Cagliari e Assemini è emblematico. Durante un’assemblea sindacale, il personale ATA, oramai arrivato al limite della sopportazione, aveva deciso di iniziare un’azione di protesta, consistente essenzialmente nel rifiuto dello straordinario sistematico. Le RSU nello loro totalità sembravano appoggiare tale linea. Ma durante l’assemblea le due RSU CGIL e CISL uscivano, e poi rientravano con il dirigente, il quale interveniva per redarguire il personale e cercare di bloccare l’azione di protesta. L’intervento del dirigente aveva efficacia, e così il blocco dello straordinario non aveva seguito, nonostante la decisione assembleare precedente.
La RSU dei COBAS, Mariella Setzu, nei giorni successivi, scriveva un volantino di duplice critica nei confronti del dirigente e delle altre due RSU.
Nel volantino il comportamento del dirigente veniva chiaramente stigmatizzato come antisindacale per la partecipazione estemporanea all’assemblea sindacale (il che viola l’autonomia dell’azione sindacale, così come si configura nelle norme della legge 300/70); mentre il comportamento delle altre due RSU veniva considerato collaterale a quello del dirigente, e responsabile di aver inibito l’iniziativa dei lavoratori, oltre che di minare la fiducia reciproca tra le RSU.
Il volantino, che riportava nella sostanza la relazione dei fatti, esprimendo la critica in modo onesto e limpido, poteva però suonare duro per chi ricerca comunque il consenso e non può aver piacere che il suo comportamento appaia agli occhi dei lavoratori come collaterale alle posizioni del dirigente. Quale che sia stata la motivazione, che possiamo solo ipotizzare, una delle due RSU (per la precisione di cronaca, quella eletta nelle liste CGIL) procedeva a sporgere querela per diffamazione contro la RSU COBAS.
Il 17 Dicembre 2014 c’è stata l’udienza conclusiva, e la RSU COBAS, Mariella Setzu, è stata assolta con formula piena “perché il fatto non sussiste”.
Sia il PM sia il giudice poi hanno ribadito che la RSU COBAS ha semplicemente esercitato il suo diritto di espressione. Il querelante è stato anche condannato a pagare le spese processuali.
I COBAS esprimono soddisfazione perché questa sentenza ribadisce che in Italia, e anche nelle scuole, si può esercitare il diritto di espressione e di critica, e questo non costituisce reato.
Con buona pace di chi pretende di rappresentare i lavoratori schierandosi con i dirigenti.

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