WOODY GUTHRIE (lettera di vanzetti alla corte)

mi sono imbattuto in questa canzone per caso, seguendo l’eco di canzoni sui treni; non posso fare a meno di farla mia, a costo di rubarne la traduzione; in realtà cercavo un testo su una casa di terra e non l’ho trovato, così copio questo col pensiero a un’amica della pianura, betty.

L’ anno è il 1927 e il giorno è il 3 di Maggio, la città è quella di Boston e l’ indirizzo è la buia prigione di Dedham.
Al Consiglio di Stato del Massachussets e a Vostro Onore, Governatore Fuller.
Noi, Bartolomeo Vanzetti e Nicola Sacco, diciamo:
Confinati della prigione di Dedham e sotto
sentenza di morte, vi preghiamo di esercitare
il vostro potere e studiare i fatti del nostro caso.
Non vi chiediamo perdono, poiché questa sarebbe un’ ammissione di colpa.
Dal momento che siamo lavoratori innocenti, non abbiamo
alcuna colpa da ammettere.
Siamo entrambi nati da genitori italiani, non parliamo inglese
molto bene.
I nostri amici lavoratori, stanno scrivendo queste parole
fuori dalle sbarre di questa cella.
I nostri amici dicono che se parliamo troppo chiaro, Signore,
potremmo allontare i Vostri sentimenti e ampliare questi canyon
tra noi, ma rischiamo la vita pur di parlare chiaramente.
Pensiamo, Signore, che ogni essere umano sia in stretto contatto
con tutta l’ umanità.
Pensiamo, Signore, che ogni essere umano, possa distinguere
il bene dal male.
Parliamo con lei, da uomini, Signore, anche se abbiamo opinioni diverse;
non abbiamo ucciso le guardie a South Braintree, né abbiamo mai
sognato di compiere un crimine così terribile.
Richiamiamo la Vostra attenzione su questo fatto, Signore.
Noi lavoriamo con le nostre braccia e le nostre menti;
queste rapine e delitti, sono stati compiuti, Signore, da
banditi esperti.
Sacco è stato un bravo intagliatore, la signora Sacco
ha risparmiato,
io, Vanzetti, avrei potuto risparmiare denaro, ma
l’ ho dato, non appena ricevuto.
Sono un sognatore, un oratore, uno scrittore,
combatto dalla parte dei lavoratori.
Sacco è il cucitore di scarpe più veloce di Boston,
parla a mogli e mariti.
Abbiamo cercato il vostro Paese e l’ abbiamo raggiunto,
sperando di trovare libertà di pensiero, di poter costruire
su questa Terra di Libertà, ed ecco cosa abbiamo trovato.
Se fossimo quegli assassini, buon Governatore, non saremmo stati
così stupidi e ciechi, da distribuire volantini e far discorsi da operai,
così vicino alla scena del crimine.
Gli avvocati e il giudice, hanno detto che abbiamo rubato 15.000 dollari, ma,
Signore, siamo vestiti come due gentlemen, con così tanto denaro
nel nostro portafoglio?
I nostri nomi sono nella lunga lista dei radicali, del Governo federale, Signore:
dissero che dovevano controllare ciò che distribuivamo.
Quando siamo entrati in tribunale, il giudice Thayer aveva già deciso;
beh, ci ha chiamati bastardi anarchici e ha detto anche di peggio.
Hanno portato i testimoni laggiù a Brockton, ci hanno fatto recitare i movimenti
degli assassini, ma molti non sono sicuri.
Prima che il processo iniziasse, il capo della giuria ha detto:
” Maledetti loro, dovrebbero impiccarli comunque.”
Il nostro errore fatale, è stato portare le armi, sulle quali abbiamo
dovuto mentire, per impedire alla polizia di irrompere nelle case
dei lavoratori che la pensano come noi.
Un documento di lavoro o un’ immagine, una lettera di un amico
radicale, una vecchia pistola che si tiene per casa, farebbero torturare
uomini e donne.
Temevamo di essere deportati, frustati, tormentati,
per farci confessare dove si incontrano i lavoratori,
i loro nomi, casa e indirizzo.
Gli ufficiali, lo hanno definito “senso di colpa”.
Ma avevamo paura di veder distruggere le case e veder
versato il sangue dei lavoratori.
Bene, la prima domanda che ci hanno fatto, non è stata
riguardo all’ uccisione degli impiegati, ma sul movimento operaio
e su come funziona il sindacato.
Come avrebbe potuto vedere chiaramente, la giuria?
Gli avvocati, i giudici e gli sbirri, ci chiamavano “italiani
di bassa lega”, “scansafatiche”, “accozzaglia”,”delinquenti
anarchici”.
Questi nomi dal suono volgare, hanno gettato sabbia
negli occhi dei giurati.
Signore, non crediamo che le torture, le percosse,
le uccisioni e le sofferenze, possano elevare l’ uomo
e spezzare le sue catene.
Crediamo che si debba lottare per la libertà, prima
di guadagnarsela.
Libertà dalla paura, Signore, e avidità, Signore,
libertà di pensare a cose più alte.
Questa, non è una nuova battaglia, Signore,
non l’ abbiamo fatta ieri sera.
Fu già combattuta da Godwin, Shelly, Pisacane,
Tolstoy e Cristo.
E’ più grande degli atomi delle sabbie del deserto,
dei pianeti che ruotano nel cielo.
Finché gli operai non si libereranno dai loro rapinatori,
beh, Signore, è peggio vivere che morire.
Vostra Eccellenza, non chiediamo scusa, ma
chiediamo di essere liberati con onore e non
accetteremo un perdono.
L’ indulto, viene dato ai criminali che hanno infranto
le leggi del Paese.
Non chiediamo scusa, perché siamo uomini innocenti.
Caro Governatore, se lei scuote la testa con un “NO”,
il nostro destino è segnato.
Sette anni in queste celle d’ acciaio.
Lungo questo corridoio, camminiamo a testa alta,
verso la morte, Signore, come altri lavoratori
hanno fatto prima di noi.
Lavoreremo per la lotta di classe, anche se dovessimo
vivere mille altre volte.

(traduzione di federico di noto, 2018).

Gian Luigi Deiana

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